Il rito è tratto dall’omonimo film di Ingmar Bergman del 1969. Tre artisti di varietà (i coniugi Hans e Thea, e Sebastian, amante della donna) sono denunciati per l’oscenità presunta d’un numero del loro ultimo spettacolo. Il giudice Abrahmsson li interroga per decretarne l’eventuale condanna. Non riuscendo a farsene un’idea attraverso i colloqui con gli artisti, l’uomo assiste alla performance nel suo ufficio, subendone conseguenze inaspettate.
Al centro del lavoro, il tema della censura e l’impossibilità di contenere la potenzialità destabilizzante dell’atto artistico. Il rito è una partitura di parole e rapporti fisici tesi e affilati. Nell’istruttoria che il giudice conduce, dapprima cerimonioso poi prepotente, si dispiegano la fragilità nevrotica della bellissima Thea, la vanità violenta di Sebastian, la razionalità noiosa di Hans. Ma progressivamente, il giudice stesso viene stanato implacabilmente nella sua più oscura e repressa identità. E allora è soprattutto la vita che viene messa sotto processo, rivelando tutta la sua artaudiana oscenità, fino a costringere i personaggi a consegnare, nel rito finale, le proprie colpe a qualcuno, fosse anche la colpa ultima di esistere.
Alfonso Postiglione
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Durata:
100 minuti
Numera atti:
2
Anno di produzione:
2024
Autore:
Ingmar Bergman, Alfonso Postiglione
Regia:
Alfonso Postiglione
Produzione:
Ente Teatro Cronaca, Teatro di Napoli, Campania Teatro Festival
Scenografo:
Roberto Crea
Protagonista:
Elia Schilton, Alice Arcuri, Giampiero Judica, Antonio Zavatteri