Il viaggio dalla Siberia all’Italia del Generale Anders, dei suoi soldati e della più grande compagnia teatrale itinerante della Seconda Guerra mondiale. Fucili e mitragliatrici, ma anche libri di scuola, spettacoli teatrali, donne alla guida dei camion, bambini e soldati insieme. Tutto questo è il Secondo Corpo d’Armata Polacco guidato dal Generale Władysław Anders.
Nel 1939 la Polonia viene invasa da nazisti e sovietici, che deportano gli oppositori nei campi di concentramento. Nel giugno 1941, con il cambio di alleanze, sono in parte liberati ed è loro proposto di far parte di un esercito polacco dipendente dal governo di Londra. Anders viene chiamato a costituire l’esercito. Accetta, a patto di portare con sé anche le donne, i bambini e gli anziani: se fossero rimasti nei gulag sarebbero andati incontro a morte certa. Così nasce il 2° Corpo d’Armata Polacco. Il lungo cammino contempla anche lezioni scolastiche, concerti, teatro perché il generale sa che la resistenza passa attraverso la cultura.
Dopo aver attraversato l’Asia centrale e il Medio Oriente nel dicembre del 1943 la colonna arriva in Italia, il 18 maggio 1944 combatte a Montecassino e sfonda la linea Gustav: sconfiggono i tedeschi e aprono la strada agli alleati verso la liberazione dell’Italia. Da allora Montecassino fa parte della storia della Polonia. Fra i soldati c’erano poeti, scrittori, attori, musicisti, intellettuali che si erano opposti ai totalitarismi e alla dittatura. Uno di loro, Feliks Konarski, la notte della battaglia finale scrive “Papaveri rossi a Montecassino”, destinata a diventare la più popolare canzone di resistenza antinazista e antisovietica in Polonia.
Nel 1943 va in scena il primo di tanti spettacoli del Teatro Drammatico del Secondo Corpo d’Armata, che durante la traversata si esibisce in una strana ed eccezionale tournée. Il Generale Anders combatte e intanto nutre una società civile. Alla fine della guerra va in esilio con gran parte della sua armata in Gran Bretagna e alla sua morte chiede di essere sepolto a Montecassino insieme ai suoi soldati, dov’è scolpita nella pietra la frase: “Per la vostra e la nostra libertà, noi soldati polacchi abbiamo dato l’anima a Dio, il corpo all’Italia e il cuore alla Polonia”.