Dopo oltre cinque anni di silenzio artistico, Carmen Consoli pubblica "L'abitudine di tornare", nuovo album di inediti. Dieci tracce, tra rock e ballad delicate, per raccontare l'Italia di ieri e di oggi, in un mondo diviso tra vincitori e vinti. Ecco cosa ci ha raccontato la "Cantantessa".
Come è nato il nuovo album e perché sei stata lontana dalla musica per tanti anni?
"L'abutidine di tornare" è nato in libertà. E' stato scritto di getto, in appena due mesi, tra luglio e agosto 2014. Sono entrata in studio a settembre per registrare. Perché cinque anni di assenza? Ho semplicemente vissuto. Le canzoni del nuovo album erano già scritte nella mia anima da tempo. In questi ultimi anni ho creato un laboratorio di vita e ho avuto un bambino.
Quanto c’è di autobiografico nel nuovo disco?
C’è tanto di autobiografico ma c’è anche molto di filtrato. Esperienze condivise dal dolore altrui. Ho passato tanto tempo a stretto contatto con le persone comuni, ma anche a guardare la televisione, tra programmi e tg. La vita che conducevo prima non mi permetteva di uscire e di scoprire la mia città. Nell’ultimo periodo ho voluto vivere Catania, andare al supermercato, a comprare il pesce, a parlare con i miei conterranei. Nelle dieci tracce del disco vesto i panni di una cronista, sono un po’ verista, un occhio esterno che osserva varie situazioni. Racconto l'Italia di ieri e di oggi, in un mondo diviso tra vinti e vincitori.
Quanto sei cambiata rispetto agli album precedenti?
Ho 40 anni e sento di essere maturata a livello personale e artistico. L’esperienza della maternità inevitabilmente ti trasforma, ti fa evolvere. Cambi lo sguardo verso le cose. Spero, con questo nuovo lavoro, di aver dipinto quadri senza giudicare. Credo che non sempre si debba dire ciò che si pensa nelle canzoni. A volte basta anche solo fare arrivare il pensiero attraverso melodie e note.
“L’abitudine di tornare” è un album ricco di storie e personaggi. Quelli maschili sono descritti piuttosto negativamente.
Non era mia intenzione puntare il dito contro l’uomo e il genere maschile. E’ solo che mi viene più facile, essendo donna, parlare da un punto di vista femminile. Cerco di amplificare la voce femminile e di raccontare il disagio di molte donne. Nelle mie nuove canzoni ci sono personaggi maschili terribili, è vero: l’uomo sposato che tradisce la moglie con l’amante, dunque che conduce una doppia vita; il marito-mostro che tenta di uccidere la moglie. Ma questo lo possono fare anche le donne: tradire, uccidere il compagno… La violenza non ha sesso.
Come è nata la collaborazione con Max Gazzè?
Io e Max siamo amici da tantissimi anni, ci siamo incontrati in un locale a Roma prima che le rispettive carriere decollassero. Tra noi c’è un enorme feeling, è un uomo speciale, adoratore delle donne. Mi ha scritto un pezzo del nuovo album, “Oceani deserti”, suonando anche il basso.
“Ottobre” parla di un amore segreto tra due donne, dunque di omosessualità.
Ho immaginato questa storia d’amore tra due ragazze, ambientata negli anni Cinquanta, durante il periodo della vendemmia. In Italia su questo argomento c’è ancora molto da fare. E’ un tema che non va trattato come un problema, ma come una tappa. Più che parlare di omosessualità, in questo brano ho voluto parlare di scelte, del coraggio di scegliere. L’Italia non è pronta purtroppo su questo, ma per fortuna c’è chi porta avanti battaglie e ne parla. Le barriere da abbattere sono ancora tante.
Che tipo di musica hai ascoltato in questi cinque anni?
Ho assistito a molti live di artisti emergenti o sconosciuti. A Catania soprattutto. Ho vissuto molto in studio, per seguire i giovani talenti dell’etichetta discografica che ho creato, per dare voce e spazio a chi non ne ha. Ho suonato tanto con amici e conoscenti, per puro divertimento. Tra i colleghi famosi, apprezzo e ascolto volentieri gli album del trio Fabi Silvestri Gazzè, di Cesare Cremonini e di Mario Venuti, un altro siciliano che ha descritto e raccontato nel suo nuovo lalbum la nostra terra. Ha fatto davvero un bel lavoro artistico.
Hai mai pensato di smettere con la musica?
No, ma se non ho ispirazione, se non ho nulla da raccontare, perché devo per forza rilasciare interviste e fare nuove canzoni? In questi anni mi sono distratta, per concentrarmi su altro. Volevo incontri e stimoli diversi, vivere la vita normale. Ho cominciato la mia carriera a 19 anni. Ho dunque recuperato affetti e un po’ di leggerezza persi. Non mi è mancato lo show business. Ho dedicato tempo a me stessa e a mio figlio. Ho imparato a suonare il basso e collaborato anche al disco di Madonia. Sono tornata perché avevo l'urgenza di farlo, ma non per la smania di apparire. La mia carriera non è finita.
In “Esercito silente” parli della tua terra, di un popolo indignato ma impotente.
Un brano dedicato a Palermo e alla Sicilia, terra bella ma ferita, bistrattata e abbandonata da tanti. Migrazione, mafia, il generale Dalla Chiesa…sono tutte vicende che hanno fcolpito e continuano a ferire i siciliani. Nella canzone m chiedo se il buon Dio ha voglia di redimere queste persone. Se dobbiamo aspettare per forza un aiuto esterno.
Il disco si chiude però con un messaggio di speranza.
“Questa piccola magia” parla infatti di rinascita. Di una vita che cresce e si trasforma, di piccole gioie quotidiane. E’ ciò che auguro non solo alla Sicilia ma all’Italia intera. Percepisco molto pessimismo in giro, sembra davvero un momento critico senza via d’uscita. Non posso negare le scarpette rosse, la crisi, il barcone dei migranti e il Pil che crolla. Ma so che arriverà una primavera. Io ci spero. E sarà una stagione perenne.