E' uscito "Niente che non va", l'ultimo disco di Coez, uno dei rappresentanti più amati e apprezzati del nuovo cantautorato italiano. La nostra intervista.
Il tuo nuovo disco si intitola “Niente Che Non Va”. Un titolo che, alla partenza, sembra negativo ma in realtà, dopo aver preso coscienza che non c'è niente che non va, dovrebbe ricominciare la salita. Cosa ne pensi?
È vero, infatti se senti il brano che dà il titolo all'album, noterai che è uno dei più positivi del cd: un elenco di cose negative che termina proprio con la frase "non c'è niente che non va". Posso dire con certezza che questo sia il mio album più positivo e, se uno conosce bene la mia discografia, se ne rende conto subito.
Questo periodo positivo è dovuto a un particolare periodo della tua vita personale?
Beh sto sicuramente meglio rispetto a qualche anno fa e questo traspare anche ascoltando l'album. In fondo i miei sono sempre i dischi introspettivi, intimisti, metto sempre un po' di me e della mia vita vissuta. È inevitabile che si capisca che questo è un buon periodo, non buonissimo ma comunque buono.
E invece per quanto riguarda la copertina del disco qual è il concetto che vuoi far passare?
Il messaggio è sempre quello: nonostante i demoni che mi circondano non ho niente che non va. C'è un pipistrello, un teschio, una testa tagliata in due, una donna diavolo e un jet, che è l'unica cosa positiva in tutti questi simboli.
Vieni ancora definito rapper ma questo album è più melodico e cantautoriale, è la dimostrazione che non sei più un rapper, o almeno non sei solo questo. La definizione di rapper, adesso, ti sta stretta?
Sicuramente non posso più essere definito solo così, anche perché non rinnego nulla ma sono più conosciuto per le cose nuove. Il fatto che possa rappare è un’altra cosa, del resto anche il cantante statunitense Beck ha fatto pezzi rappati, ma non lo si può definire rapper. C’è da dire, però, che sono un caso strano perché arrivo dal rap classico.
Still Life è il brano dal respiro più internazionale. Sogni un percorso parallelo sulla scena estera con un altro sound?
No, assolutamente. Sono parecchio attaccato all’Italia, sono convinto che siamo tutti sotto effetto della globalizzazione e contaminazione, ma ci deve essere una matrice italiana. Non è un pensiero vecchio, ma ritengo che ci sia molto di buono nella nostra tradizione cantautorale. Vedo che c’è troppa ricerca per non sembrare italiani.
Dove finiscono le favole a chi è ispirata?
Da amiche e donne che conosco e hanno avuto esperienze analoghe. Certo, le ho romanzate e messe come la trama di un film, però penso a un sacco di donne che vivono succubi. La violenza psicologica degli uomini sulle donne sono davvero pesantissime.
L’impressione è che in questo album l’aspetto strumentale sia molto più curato…
La produzione è stata affidata a Ceri e facevo sentire a lui tutti i provini. In realtà ho fatto sentire alcune cose a Riccardo Sinigaglia, soprattutto quando c’era qualcosa che non mi convinceva e lui, prontamente, mi dava dei suggerimenti portandomi sulla direzione giusta.
Qual è la canzone del tuo album che senti più vicina a te come stato d’animo oggi?
La “Rabbia Dei Secondi”, senza dubbio. E’ da un po’ che corro, che cerco di dare tutto me stesso per ottenere dei risultati e mi sento sempre come l’eterno secondo. Penso, però, che sia normale se, di volta in volta, sposti il tuo traguardo sempre un po’ più in là.
Costole rotte è nata dopo aver saputo del proscioglimento degli imputati per la morte di Stefano Cucchi. Puoi raccontarci l’input che ti ha scatenato il tutto?
La vicenda di Stefano Cucchi mi sconvolse parecchio. Ricordo che rimasi scioccato perché non avevo mai visto le foto di un cadavere in tv. Ho scritto il ritornello più di un anno fa, ma dopo aver saputo del proscioglimento sono rimasto sconvolto. Avevo persino dimenticato di avere quel brano perché non sapevo dove inserirlo. Poi ho cantato il ritornello a Ceri, il quale mi ha detto “domani andiamo in studio e ci lavoriamo sopra”.
Progetti per il futuro? Andrai in tour?
Faremo un live, sarà uno show ibrido. Vorrei un assetto modulare in ogni posto, in modo da essere pronti a ogni evenienza. Riguardo alle tempistiche, penso non prima di gennaio.