Musica

Enrico Ruggeri, on the road again

Enrico Ruggeri, on the road again

A soli 15 anni, nel 1972, Enrico Ruggeri fondò il suo primo complessino e, con tutta l’acqua che è passata sotto i ponti da allora, lui ancora c’è. Lo scorso 2 maggio è uscito il suo nuovo CD, Rock Show, in cui l’artista racconta se stesso. Negli stessi giorni è partito il tour che vedrà Ruggeri e la sua band il 19 e 20 maggio a Roma al The Place, il 22 a Torino al Hiroshima e il 23 maggio al Viper Club di Firenze, fra le molte altre tappe. A Milano ci arriva il 5 giugno per esibirsi all’Alcatraz, Intanto lui appare in diversi programmi televisivi e radiofonici per fare promozione. Sappiamo che l’artista coltiva l’attività di scrittore di racconti e poesie, iniziata nel 1989 quando fu pubblicato da Forte Editore La giostra e nel 1994 Per pudore, edito da Carte Segrete. Nel 2000 arrivò Feltrinelli a pubblicare Piccoli Mostri’ e da allora molti si chiedono se Enrico ami più la musica o la letteratura. Infine va in televisione e giunge alla seconda edizione di Il Bivio una trasmissione televisiva in cui il nostro agisce da conduttore. Anche qui il successo lo bacia in fronte. Non può essere solo fortuna: Ruggeri è proprio bravo. Sentiamolo. Come te la passi? E’ un periodo particolare perché viene alla luce un anno di lavoro: Bivio è in onda, il disco è uscito, le prove ci promettono un bel tour, il 12 maggio facciamo la partita del cuore. Ecco, mi mancava! Ti piace anche lo sport, vero? Io sono il presidente della Nazionale Cantanti e a Roma stiamo lavorando. Giochiamo al pallone e, anche se Totti non potrà partecipare, ci saranno gli altri, Raul Bova eccetera. Stiamo cercando di usare dei fondi per costruire un centro di ritrovo per giovani che vogliano riunirsi a Roma, un luogo dove accogliere chi ha bisogno. Per adesso abbiamo superato la prima fase, tipo i permessi, la burocrazia. E’ un periodo molto intenso. E cosa ci dici della televisione? Io non sto facendo televisione, sto facendo ‘Il bivio’. Quando finirà questo programma, non è che mi chiederò ‘Chissà se mi chiamano ancora?’. Io ho portato in televisione quello che in teatro potrebbe essere uno spettacolo con degli ospiti. Racconto delle storie, una cosa che faccio da 30 anni e cerco di esaltare gli aspetti emozionanti di quanto viene raccontato. Sono sempre io che mi esprimo in una maniera diversa, con la tv, i concerti, i libri, lo sport. Nessuno tocchi Caino è un tuo brano portato a Sanremo. So che hai collaborato col gruppo omonimo. Cosa pensi del fatto che negli Stati Uniti, proprio durante la visita del Papa, sia stata ristabilita la pena di morte effettiva con iniezione letale? Quello è uno dei posti al mondo nei confronti del quale ho più scetticismo e ho più paura. La loro influenza nei nostri confronti mi fa pensare che bisogna stare molto attenti nel considerare il loro modo di affrontare la vita. Sono ingenui e spietati allo stesso tempo: non sono un modello da seguire. Io ho grande fiducia nell’Europa e nel sentimento di cultura, di coesione e anche di umanità europea, che si trova pure in letteratura, nella storia... anche se l’Europa ha pagine nerissime. Credo che in questo mondo buio, l’Europa sia la nostra àncora di salvezza. Perché nel 2004 hai realizzato Punk prima di te? E’ stato per via di mio figlio, che all’epoca aveva 14 anni. Aveva sentito il disco dei Decibel, un mio gruppo degli anni ‘70 ed è saltato sulla sedia. Secondo lui si trattava di musica d’avanguardia. ‘Devi dirlo che tu l’avevi già fatto’ mi ha ripetuto. Così abbiamo scelto brani dell’epoca, tipo David Bowie, Lou Reed, Sex Pistols e alcune cover punk e rock. L’idea è nata da un ragazzo di neanche 14 anni. Negli anni ’80 avevi fatto apparizioni musicali strabilianti con Mimmo Locasciulli. Perché avete smesso di cantare assieme? Vi vedete ancora? Abbiamo passato le vacanze assieme, è uno degli amici più stretti che ho, un’amicizia che dura. Abbiamo scritto tanti brani assieme; anche Andrea Mirò, la mia compagna, ha cantato con lui. Non abbiamo più fatto tournée perché lui è un medico vero, non ha molto tempo. Per cui i casi della vita non ci hanno fatto più collaborare sullo stesso palco ma restiamo molto vicini. A Mia Martini avevi scritto brani bellissimi; ti manca questa meteora? Altro che meteora: lei è morta! Morire è un ottimo modo per prendere ottime critiche, anche se uno cerca di evitarlo. Basti vedere come è stata trattata Mia Martina ma anche Bruno Lauzi: in vita è stato relegato ai margini, per motivi assurdi e ora viene riconosciuto come un mago della poesia canora. Sento che detesti le ingiustizie, di cui peraltro siamo tutti sommersi. Ma tu, sei felice? Felicità è una parola grossa. Da ragazzino il mio sogno era di poter scrivere una canzone e che qualcuno l’ascoltasse e ora sono al 26° album. Volevo che qualcuno leggesse i miei pensierini e ho scritto 5 libri. Giocavo al pallone in cortile e sono diventato presidente della Nazionale di calcio cantanti… Non oso desiderare più nulla, spero solo che i prossimi 30 anni siano belli come la mia vita già passata.