Protagonista del concerto/evento Telethon, Gino Paoli ci racconta dell’incontro con i suoi “compagni di viaggio” Danilo Rea e Sergio Cammariere.
Lunedì 20 novembre, presso l’Auditorium di Milano di Largo Mahler alle ore 21, si rinnova l’impegno di BNL – Gruppo BNP Paribas con la partnership della Fondazione Telethon al fine di garantire risorse da destinare alla ricerca contro la distrofia muscolare e le malattie di carattere genetico. Dopo l’omaggio alla musica del cinema italiano (La Dolce Vita) e forte di una “memoria storica” di concerti da… (Noa, Elio E Le Storie Tese, Lucio Dalla, Roberto Vecchioni e Cristiano De Andrè, tra gli altri), l’edizione 2017 dell’evento ospiterà tre nomi che non necessitano di presentazioni: Gino Paoli, Danilo Rea e Sergio Cammariere. Ed è proprio Gino Paoli che risponde alle nostre domande e ci introduce all’evento…
Il 20 novembre la vedremo protagonista, insieme a Sergio Cammariere e Danilo Rea dell'annuale concerto di Telethon. In tempi in cui la carità, l'accoglienza e la beneficenza sono quasi diventati sinonimi di debolezza, pensa ci sia la possibilità di un cambiamento che riporti questi termini al loro significato più alto? E per lei, cosa significa “fare beneficenza”?
Credo che per chi sta bene sia un dovere aiutare chi non è altrettanto fortunato. Gli artisti, grazie alla notorietà hanno dei fari puntati addosso e per questo, più di altri, hanno la possibilità di rivolgere i riflettori su temi importanti, l’occasione di mettere in luce storie che altrimenti sono poco viste.
Qual è stato lo spunto iniziale che ha dato il via alla collaborazione - che si è rivelata poi di gran successo - con Danilo Rea e, in seguito, con Sergio Cammariere?
Con Danilo ci siamo incontrati la prima volta ad un concerto a Camerino, più di 10 anni fa: è stato un incontro di quelli che capitano una volta nella vita. Quando suoniamo insieme siamo completamente liberi, in perfetta sintonia e ci basta un cenno per capirci. Ormai siamo una “coppia di fatto”, ci divertiamo moltissimo e da poco abbiamo pubblicato, dopo “Due come noi che…” e “Napoli con amore”, la nostra ultima fatica in duo: “3”, che è dedicato ai capolavori della musica francese.
Sergio l’ho incontrato la prima volta ai tempi in cui lavorava con Alex Britti. Quando ho sentito la sua canzone in cui si definiva “cantautore piccolino in confronto a Paoli Gino” ho capito che dalla collaborazione con lui poteva nascere qualcosa di nuovo e divertente, e così è stato.
E quale il punto di contatto fra il suo modo di fare musica, basato sulla canzone “popolare” nel senso migliore del termine, e quella di Rea, esclusivamente musicale e, in quanto jazzistica, più elitaria?
In realtà il jazz mi ha sempre accompagnato nella vita, influenzandomi nella costruzione delle canzoni, sia nella base melodica che in quella armonica. Io ho cominciato ad ascoltare il jazz che avevo 12 anni, quando davanti casa mia c’erano i carri armati americani: quando ho sentito la tromba di Louis Armstrong è stato un colpo di fulmine.
Sono sempre stato un appassionato ascoltatore ma anche esecutore, tanto che continuo a farlo anche oggi. Il punto d’incontro tra me e Danilo è sicuramente “la libertà” nell’affrontare la musica.
Oggi la canzone, da mezzo espressivo quale era, è diventato un prodotto puramente di mercato regolato da altre logiche che poco o quasi mai hanno a che fare con il reale valore della canzone stessa o dell'artista. Da “grande vecchio” della canzone d'autore, come vive e cosa pensa di queste logiche?
Temo che la canzone sia diventata un accompagnamento più che un’espressione diretta. Oggi la musica si può sentire facendo altre cose, o così mi sembra. Invece credo che la buona musica, come ogni forma d’arte, è quella capace catturarti completamente e di emozionare. Se manca l’emozione diventa semplice intrattenimento, un oggetto di divertimento punto e basta. In più oggi la canzone viene trattata come un prodotto commerciale, perdendo quindi il suo fine poetico.
I suoi concerti con Rea e Cammariere sono finora stati all'insegna dell'eclettismo: cosa ci possiamo aspettare per la serata del 20 novembre?
Sarà come sempre quando siamo sul palco: un concerto all’insegna dell’improvvisazione. Ci sarà un pezzetto di ognuno di noi, delle nostre storie musicali, che poi si incontreranno, un po’ come è successo con le nostre vite.