Facciamo un piccolo salto indietro in quel 1968 in cui nel Panorama musicale italiano arriva il primo LP dei New Trolls, "Senza orario e senza bandiera", del quale ricordiamo una delle liriche di Fabrizio De André: "Signore, io sono Iris, quello che non ha la bicicletta".
E' anche il primo concept album, e si snoda intorno all'Uomo che va alla ricerca di se stesso, della propria realtà e della propria storia, il protagonista del viaggio che stava cominciando e che i New Trolls hanno fatto fin qui. Siamo a Napoli, il tour arriva al Teatro Acacia: 43 anni sembrano abbastanza per chiedersi cosa hanno trovato su questo cammino, e per avere la risposta parliamo con Vittorio De Scalzi.
Possiamo dire che il senso della vostra reunion era già nelle stesse parole già scritte nel 1968 da Fabrizio De Andrè e Riccardo Mannerini: "Andrò ancora per le strade del mondo con occhi sinceri"?
Vittorio De Scalzi: Si, è vero, è lo spirito con cui abbiamo fatto e facciamo musica, sia quando si deve crearla che quando suoniamo nei concerti, e se pensi poi che questo è stato scritto 42 anni fa, ha un senso, ed è... è vero!
Hai detto una volta che ognuno di voi nel tempo ha percorso strade diverse, ma avete scoperto che alla fine l'anima vera di ognuno risiede ancora nel sound e nell'atmosfera che create quando state insieme, rimasti ancora gli stessi.
E' successo proprio così, ognuno ha portato dietro la sua esperienza e così abbiamo modo di condividerne di nuove, anche se fatte in maniera a se stante, ma tutto è ritornato all'interno del nostro modo di stare insieme, lo stesso di sempre.
Dal beat-psichedelico al progressive e all'incontro con Bacalov con gli esperimenti per unificare il rock e la musica classica: come punti di riferimento nella ricerca di strutture musicali più elaborate in quel periodo c'erano i Jethro Tull, i King Crimson, i Genesis... possiamo inserire anche il Concerto for Group and Orchestra, l'album live dei Deep Purple del 1969 realizzato con la Royal Philharmonic Orchestra di Londra?
Si, però da quegli esperimenti che per primi misero insieme il rock e la musica classica io tendo a staccarmi un po', e ti spiego il motivo: la peculiarità del Concerto Grosso è quella dell'interazione fra musica di una band di rock progressive ed una orchestra di musica classica che fa il barocco, e non un orchestra che accompagna le nostre canzoni.
Ed è una differenza fondamentale: nei Deep Purple come in altri esperimenti, c'era soprattutto interazione della band con l'orchestra, invece noi, insieme con Bacalov, abbiamo sviluppato direttamente la musica con un senso proprio, cercando di entrare direttamente nella musica barocca con i nostri strumenti, non abbiamo usiamo l'orchestra per accompagnare ad esempio Miniera, come avremmo anche potuto...
Quali sono le differenze fra i Concerti Grossi?
Per me è soprattutto un discorso che continua, il primo certo rimane “il primo” perché storicamente lo è stato, quindi, per la memoria legata alla ricerca e per l'originalità; il secondo forse era meno efficace del primo, ma c'erano elementi di novità perché cominciavamo anche ad inserire i primi sintetizzatori, e c'era un po' più di coralità; nel terzo (che non è il Concerto Grosso n. 3, ma quello fatto con Nico, the Seven Seasons) abbiamo cercato degli spazi più ampi, ed è stato un nostro avventurarci in terreni anche al di là del barocco, abbiamo cercato di usare di più l'orchestra per avere anche più spazio per suonare, perché in un Concerto Grosso ci sono 3 movimenti, ovvero dura circa un quarto d'ora, dopo di che il concerto live è difficile da continuare a sostenere, e questo terzo invece ci lascia molto più spazio. Invece devo dire che ad esempio abbiamo suonato molto di più il terzo Concerto Grosso in Giappone ed in Corea, perché lì hanno molta propensione all'ascolto di questo tipo di musica, ed infatti pensa che là facevamo esclusivamente questo, con grandi orchestre giapponesi e coreane.
L'arrivo del Concerto Grosso a Napoli capita durante un periodo lungo e pieno di iniziative chiamato “ritorno al barocco”...
Si, questa è una terra, come la Sicilia, che sente molto questo legame con il barocco, e ci auguriamo perciò di essere sentiti anche come una parte di questo discorso così importante.
Partendo da un bagaglio così ricercato, con quanto piacere in un concerto si ripercorrono gli anni in cui c'è anche Aldebaran, così come altre canzoni che il pubblico "chiede" più di quello che magari vi è costato maggiore ricerca, studio ed azzardo...?
Certo, il pop! Ma il fatto che ci siamo riuniti dopo tanti anni, ci permette di fare tutto, adesso... noi facciamo questo percorso di 40 anni di musica senza problemi, e riusciamo a passare dal prog al pop con estrema facilità, semplicemente perché facciamo il percorso nostro, per cui se abbiamo fatto Poster di Claudio Baglioni con le sole nostre voci, che è una cosa lontanissima dal Concerto Grosso, lo facciamo perché stiamo qui a presentare 40 anni di noi stessi.
È ancora possibile indicare ai giovani orizzonti se non nuovi, almeno alternativi?
Certo, è difficile, oggi i giovani quasi sempre si guardano indietro, per proiettarsi in avanti, e molti guardano anche a quello che abbiamo fatto noi, il che ci rende anche orgogliosi di aver potuto lasciare un segno.
Dopo 40 anni, qual è la differenza di un concerto “visto da lassù”? Ovvero, dal punto di vista di chi sta sul palco, come si è trasformato il pubblico dagli anni 70 ad oggi?
Non c'è grande differenza, se non nel fatto che vediamo molti giovani che vengono a sentirci e sono quelli che si sentono più vicini alla nostra parte progressive, mentre gli altri sono dei vecchi amici che reincontriamo dopo 40 anni.
Molti di coloro che hanno partecipato al progressive sono stati via via dimenticati, forse perché rimasti fermi su quella che potremmo definire una strada più concettuale, mentre i New Trolls hanno saputo mantenere un contatto col pubblico sempre costante e leggibile, nonostante la chiara impronta alternativa: come ci sono riusciti?
È vero, e sarebbe stato anche più facile forse rimanere fedeli ad un genere, perchè se ti arrocchi sulle tue posizioni e diventi un... talebano della musica, fai un'operazione più facile, perchè i tuoi fan sono esclusivamente i tuoi, come uno zoccolo duro, ed è una cosa che ha i suo lati sia positivi che negativi: il fatto di aver abbracciato generi diversi per noi è stata una scelta dovuta a vari motivi; anzitutto per una questione anche economica, come capita a chi deve esserci per farsi conoscere, ma poi, finito il periodo dei primi successi, ci siamo accorti che il mondo stava cambiando, ed allora ci siamo detti che avevamo delle qualità per affrontare anche musica diversa, e l'abbiamo fatta, per fortuna o per sfortuna, con successo.
Ci raggiunge Giorgio D'Adamo, al quale chiediamo il suo punto di vista sulle strade diverse percorse individualmente e sullo spirito di gruppo.
Giorgio D'Adamo: Il senso di ritrovarci dopo le esperienze personali è stato sia quello dell'arricchimento che ritrovare lo spirito d'insieme. Ognuno di noi ha percorso strade diverse perchè evidentemente ne aveva bisogno, io anche al di fuori del campo musicale; poi il fatto che alla fine ci si sia riportati tutti allo stesso punto è stato come la chiusura di un cerchio, e probabilmente era proprio la strada che ci voleva, quella di farci tornare insieme, ed è stata una cosa che abbiamo fatto anche con qualche pensiero: all'inizio, parlandone, era naturale che non fossimo perfettamente convinti, ma lo siamo stati nel momento stesso in cui ci siamo rimessi a suonare insieme: finché si parlava, venivano fuori soprattutto progetti, ma quando ci siamo messi in una sala prove a suonare, abbiamo capito subito che era la strada giusta.