Colpisce la scritta, la solita, nei titoli di coda, "questo film è un'opera di fantasia", perché una storia che inizia a Kabul, un agente del Sismi che viene a sapere di un imminente attentato a Roma, un informatore assassinato, un team dei servizi segreti che deve recuperare il collega in Afghanistan, i terroristi, la mafia albanese, la droga e le armi, insomma, è cosa già vissuta in forma di cronaca vera e drammatica. Di fantasia sono i personaggi, le loro vicende, il caso specifico ma quel che accade in Caccia segreta, miniserie in onda su RaiUno domenica 13 e lunedì 14 maggio, è già accaduto in altri modi e luoghi, e potrebbe accadere oggi o domani. Tant'è che il film "è idealmente dedicato a Nicola Calipari", dice il direttore di RaiFiction, Agostino Saccà, alla conferenza stampa a viale Mazzini, "a quegli uomini - aggiunge il produttore, Carlo Degli Esposti - che lavorano per la nostra sicurezza". Sull'onda dell'emozione seguìta alla morte di Calipari, nel 2005, gli sceneggiatori Laura Toscano e Franco Marotta si sono messi a scrivere. Il risultato è un film in due puntate, prodotto da RaiFiction e realizzato da Palomar Endemol, regia di Massimo Spano, con Franco Castellano, Stefano Dionisi, Antonia Liskova.
Massimo Spano, non sempre i servizi hanno lavorato, o lavorano, per la sicurezza dei cittadini così come si racconta nel film. Esistono anche delle zone d'ombra...
"Una grande democrazia come la nostra, che ci fa essere primi nel mondo in tante cose, con un laboratorio politico quotidiano che tanti Paesi ci invidiano, ha il dovere di raccontare tutto, anche i servizi segreti. Altrimenti, ci facciamo piccoli rispetto al mondo. Certo, ci saranno pure le zone oscure, ma proprio perché l'Italia è una democrazia forte, ha il potere di estrometterle dal sistema".
Avete incontrato qualche problema nel rendere, in una fiction, la questione Islam e terrorismo?
"In questo senso la Rai ha fatto un grande passo in avanti, abbiamo raccontato i servizi ma anche gli 'altri', abbiamo esplorato le loro paure, la loro disperazione ma anche le loro follie".
Senza calcare troppo la mano, insomma senza la tentazione di demonizzare.
"E' sciocco demonizzare una grande cultura come quella islamica. Io conosco bene il mondo arabo, ho vissuto a lungo in Egitto, credo che i veri focolai di rischio siano interni alle comunità che vivono in Occidente, in Europa. Sono queste le sacche da sradicare, così come facemmo con le Brigate Rosse, con la logica e la fermezza, anche con l'aiuto dei servizi e l'agire quotidiano dei cittadini. Per il resto, c'è un patrimonio dal quale abbiamo tutto da imparare".
Che nel film viene raccontato con qualche concessione cinematografica.
"Certo, il codice è quello della spy story, ma al suo interno abbiamo cercato di metterci dei valori morali forti, potenti. Da questo punto di vista, Caccia segreta mi ricorda certo cinema italiano degli anni Sessanta, quello che raccontava la nostra realtà".
Oggi non esiste più?
"Esiste, ma stenta. Per fortuna c'è la televisione. Io faccio parte del gruppo Centoautori, in realtà siamo oltre mille, abbiamo firmato un documento per una 'Costituente del cinema e della tv' e quando, pochi giorni fa, ci siamo riuniti, molti fra noi hanno detto grazie alla fiction: negli anni in cui il cinema ha sofferto, è stata lei a rivalutare i generi e a permettere, a tanti operatori del settore, di esprimersi e di lavorare".