Un giubilo di riconoscenza e di affetto del pubblico romano per il grande pianista napoletano
Michele Campanella è da ormai cinquant'anni uno dei beniamini del pubblico della Istituzione Universitaria dei Concerti della Sapienza a Roma, da quando nel lontano 1968 tenne la sua prima esibizione è una presenza ricorrente ed attesa nel susseguirsi delle stagioni. La serata di martedì 29 gennaio è stata dedicata all'indagine su tre diversi approcci, tre visioni della struttura centrale della cultura musicale romantica: la Forma-Sonata vista da Beethoven, Schubert e Schumann.
Una sonata per tre
La Sonata n. 8 in do minore op.13 “Patetica” di Michele Campanella non è certo timida, ma nemmeno eccessivamente tragica. L’approccio è aggressivo, la successione forte-piano è ipnotica con gli aspetti percussivi che prevalgono piacevolmente su quelli cantabili, ma restituiscono nel corso del primo movimento la tensione dialettica tra il tema perentorio del grave incipit e quello danzante del successivo Allegro di molto e con brio verso una sintesi drammatica. Il successivo Adagio cantabile più contemplativo ammorbidisce l’atmosfera, lascia distendere l’attenzione e introduce al consolatorio e rassicurante Rondò finale.
La schubertiana Wanderer-Fantasie op.15 D760, anche se articolata come una Sonata in quattro movimenti, si libera ben presto dei vincoli di una forma rigorosa per seguire una logica di rilettura variata del tema di base. La versione di Campanella esalta i chiaroscuri, in particolare nel secondo movimento Adagio emerge lo spirito romantico del viandante perso nella sua solitudine esistenziale.
Con la Sonata n.1 in fa diesis minore op.11 di Robert Schumann la Forma-Sonata è ormai destrutturata, anche se siamo in presenza di quattro tempi agogicamente definiti, il carattere “narrativo”, con le sue emozioni improvvise, prevale sulla costruzione architettonica e ci introduce nei tormenti esistenziali di uno dei più contorti spiriti romantici, ossessionato da una urgenza espressiva insopprimibile. Il nostro pianista con questo brano ci dà una vera e propria lezione di musica restituendo, come aveva preannunciato nella breve introduzione all'inizio del concerto, una testimonianza di lettura a distanza coniugata con lo spirito indagatore di un interprete moderno.
Come spesso capita con Campanella i bis non sono meno rilevanti dei brani in programma. Uno scherzo di Chopin, eseguito con un approccio sognante, realmente romantico, seguito dai fuochi artificiali della drammatica Totentanz dell’amato Franz Liszt. Un quarto d’ora di brividi, poi una festa.