Un sondaggio condotto nel 2011 dalla rivista Classic Voice vide Leonard Bernstein inserito fra i quattro più grandi direttori d'orchestra d'ogni tempo, insieme a Toscanini, Carlos Kleiber e Karajan.
A qualcuno il titolo di questo breve ricordo di Leonard “Lennie” Bernstein, a cent'anni dalla nascita avvenuta il 25 agosto 1918 a Lawrence, potrebbe far storcere il naso. Nondimeno riporta un dato di fatto: nessuno, fra i più grandi direttori del '900, ha saputo eguagliare il suo lungo e appassionato impegno di divulgazione del repertorio classico, rivolto ad un pubblico il più ampio possibile - giovani leve in primis.
E non solo attraverso la luminosa carriera di direttore aperta alle più varie forme musicali, dagli autori preromantici a quelli moderni; ma anche attraverso popolari trasmissioni televisive, come i famosi Young Peoples Concerts: seguitissimi incontri divulgativi nei quali l'amore per il suo mestiere, la facilità discorsiva, la chiarezza espositiva, l'istintiva simpatia che sapeva suscitare creavano un mix irresistibile.
Il nostro caro "Lennie"
Confessiamo un debole per Bernstein. Un direttore completo, profondo, scrupoloso, raffinato oltre che pianista di rara sensibilità (ascoltate le sue esecuzioni con lo Juillard Quartett!) che salì sul podio delle più grandi orchestre del mondo, ma tenne un particolare rapporto con la New York Philarmonic, ereditata nel 1958 da Mitropulos e ceduta nel 1971 a Boulez. Ed una lunga frequentazione con la CBS Orchestra, con la Israel Philarmonic, con i Wiener Philarmoniker, con Santa Cecilia. Nella discoteca troneggiano l'integrale delle sinfonie di Mahler – la prima mai realizzata, a mio avviso insuperabile per la sua vibrante ricchezza di colori – accanto alle raccolte delle sinfonie di Beethoven, Schumann, Brahms, Sibelius – anche qui, una meraviglia di irruente, comunicativa fantasia – ed a decine di album sparsi, da Haydn sino a Copland. Tutte esecuzioni a loro modo esemplari. Rare le opere, ma sempre di eccezionale qualità: Medea e Sonnambula con la Callas, Falstaff, Carmen, Tristano, Il cavaliere della rosa. Tutte con cast stellari.
Un compositore estremamente versatile...
E poi ci sono le sue composizioni, molte delle quali personalmente fissate in disco: lavori che ne fanno uno dei grandi maestri del '900. Il giovanile musical On the Town del 1944, inciso però vent'anni dopo; quell'assoluto capolavoro che è West Side Story, apparso nel 1957 con le mitiche coreografie di Jerome Robbins, ma immortalato in solco solo nel 1984; cosa accaduta pure per l'opera comica Candide del 1956, registrata da Bernstein solo nel 1989, cioè poco prima della morte sopravvenuta a New York il 14 ottobre 1990. Fissò per noi Trouble in Tahiti e A Quiet Place: due atti unici poi fusi insieme (La Scala, 1984, la registrazione è del 1986); ma ahimé non la monumentale Mass del 1971, né il musical Wonderful Town che vinse il Tony Award Prize 1953. Non ci negò tuttavia le incisioni delle tre sue sinfonie (Jeremiah, The Age of Anxiety, Kaddish), dei Chichester Psalms, delle musiche dal mitico film Fronte del porto, dei balletti Fancy Free e Dybbuk.
...ma spesso ahimè snobbato
La lista di quanto Bernstein scrisse sarebbe ben più lunga: musiche di scena, lavori per orchestra e per complessi da camera, songs, musica per pianoforte. Comporre fu un'attività che lo accompagnò per tutta la vita, non meno importante di quella di direttore. E che tuttavia gli attirò aspre critiche da parte dei paladini delle avanguardie più o meno estreme. I quali, con un malcelato snobismo, gli rimproveravano la frequente inclinazione verso un repertorio “popolare” ed un linguaggio troppo “facile”. Persino l'irrinunciabile anelito verso la deprecata tonalità divenne così un peccato gravissimo. In realtà, uno dei suoi segreti stava nel mescolare a volte, con grande abilità, la musica colta con il linguaggio del jazz, del pop, del folclore yddish ed americano. Noi, naturalmente, siamo di tutt'altro avviso: “Lennie” resta per noi un mito del '900.