Il Festival della parolaccia

Il Festival della parolaccia

Cuore, amore, dolore? Macchè, quello di quest'anno sarà il festival della parolaccia. Dopo un'attenta analisi dei testi dei brani in gara (merito di Tv Sorrisi e Canzoni), se ne evince che il linguaggio del quotidiano, o di strada, sbarcherà sul palco dell'Ariston. Mai come quest'anno pare ci sia un florilegio di volgarità. In "Oltre il giardino" di Fabio Concato si può leggere il verso «dovrei dare quel che resta del mio culo per campare!». Daniele Silvestri, invece, attacca la sua "La paranza" con «Mi sono innamorato di una stronza», vocabolo che ripete per ben due volte nel corso della canzone. Più diretto, tra i giovani, Pietro Bau che in "Peccati di gola" qualifica la sua bella con un pregnantissimo «che figlia di puttana!». Non è da meno Simone Cristicchi nella sua "Ti regalerò una rosa", dove inserisce il poco gradevole verso «puzzo di piscio e segatura», aggiungendo che «me la faccio sotto». Tema ribadito dal giovane Pier Cortese che declama «non ho neanche tempo per pisciare». Infine, arriva una signora come Milva e pronuncia un bell'«'affanculo». In quest'edizione di Sanremo sono particolarmente evidenziate, però, anche le tematiche sociali. Concato parla dei guasti della nuova economia, cantando di un cinquantenne licenziato e ormai fuori dal mercato. Cristicchi, in uno dei testi più intensi, scritto a forma di lettera, descrive l'orrore della vita di un malato mentale in un manicomio. Antonella Ruggiero dà voce al dolore di una madre e del suo bambino sotto i bombardamenti della guerra. Paolo Rossi, nel brano scritto da Rino Gateano, ironizza sulle dolcezze del vivere in Italia. E la stessa Milva, nel testo scritto da Giorgio Faletti, descrive il fallimento di una star. Anche nella sezione Giovani non mancano riferimenti sociali. Come in "La ballata di Gino" dei Khorakhanè, dove si racconta la storia di un disertore pacifista che scappa dal fronte, o il grido di Fabrizio Moro in "Pensa" che esorta i picciotti della mafia a ribellarsi e a deporre le armi. Ma, parolacce a parte, quali sono i termini preferiti dagli autori dei testi? La parola più presente nelle canzoni è "vita" con 17 citazioni, che arrivano a 34 considerando i derivati (da "vivere" a "vite"). Al secondo posto si ferma "oggi" (15 volte) e solo al terzo l'immancabile "amore" (13), in clamoroso calo. Il verbo più usato è "guardare", che ricorre 7 volte all'infinito e 20 volte coniugato, mentre il termine più presente in un testo è "rosa" che si conta 21 volte in quello di Cristicchi. Dio viene citato solo due volte, dalla Ruggiero e da Cristicchi, e l'inferno è più cantato del paradiso (3 a 0). La lingua inglese è presente nei brani di Milva e dei fratelli Bella, mentre Silvestri, che vanta il testo più lungo (470 parole! Un autentico scioglilingua) e allude al delitto di Cogne e all'avvocato Taormina («Uno di Cogne andrà a Taormina in prima istanza»), preferisce inserire lo spagnolo. Orecchie tese, dunque. Fonte: Libero News