Da qualche tempo, nell’orario deputato di “Striscia la notizia”, va in onda un nuovo programma della durata di mezz’ora, firmato anche questo da Ricci, titolo: “Cultura moderna”.
Presentato da Mammuccari, è una shakerata della “Corrida” e dello storico “Drive in”, con valletta di rigore incorporata.
In questo caso la ragazza – brasiliana, secondo il trend corrente (ma perché?) – ha un faccino delizioso, alla Bambi, innestato su di un fisico che sembra la pista per un topo con gli ski.
Si chiama Giuliana, e sorride molto, ritengo, per contratto.
Che motivo avrebbe, infatti, la piccina, di sorridere quando Mammuccari ammicca delicatamente, com’ è avvenuto qualche puntata fa, sottolineando che trattasi di “Cul-tura moderna”, ragazzi, non dimentichiamolo!, con sguardo birbone in camera, dopo aver guardato con insistenza le terga di Giuliana?
Sesso e televisione.
In questo periodo stanno fiorendo parecchie intercettazioni che non hanno proprio nulla a che fare con il Decamerone (lì c’era gioco e levità, qui solo grevità da Basso Impero). E, specularmente, sta fiorendo anche un’illuminata corrente di pensiero, cavalcata indiscriminatamente da uomini e donne, secondo la quale, sotto sotto (ma c’è chi lo dice senza perifrasi) “quelle che ci sono state”, ovvero le aspiranti vallette/presentatrici/attrici farebbero meglio a non metterla giù così dura.
In fondo, sostengono i legulei da condominio, si sa da sempre che “il divano del produttore” è molto frequentato. E non per godersi in pace due chiacchiere sui massimi sistemi e un Gin Tonic (mescolato, non shakerato, direbbe Bond: l’uomo più lontano dai nuovi mostri che aspirano solo alla carne da materasso, e nel cui vocabolario alla lettera “C” non esiste la parola conquista…).
E poi, in un irresistibile crescendo dialettico, aggiungono che trattasi di giovinette maggiorenni e vaccinate. Ergo consapevoli di quanto stanno facendo.
Conclusione. Un salto all’indietro di quarant’anni, quando le donne urlavano nelle piazze: “Né madonna né puttana”, e vai con quella P infamante, che è come se fosse marchiata a fuoco sulla carne. Altro che tatuaggi di farfalline.
Questa rubrica non si occupa di questioni giudiziarie, e, dunque, non sta a noi ipotizzare che il tale o il tal altro possa essere dichiarato colpevole di concussione sessuale. La cosa non ci riguarda.
Da questa rubrica, però, vorremmo chiedere un istante di riflessione serena. Una passeggiata della mente e del cuore lontano dallo stagno puteolente in cui si muove la stretta attualità.
E, allora, pensiamo a queste ragazze. Quelle citate nelle cronache e quelle delle quali, fortunatamente, le cronache non si sono occupate.
Tutte più belle della media. Autentici fiori. Soprattutto con un’anima. Hanno sogni fatti della materia dei sogni di tutte le adolescenti. Non solo soldi e successo. Sognano di essere principesse, come tutte le ragazze di questo mondo, da quando esistono le principesse. E se, oggi, essere principesse, ovvero amate ( soprattutto questo. O addirittura unicamente questo), e, spesso capaci di fuggire una realtà faticosa, modesta, a volte dolorosa (quante di loro hanno famiglie disfunzionali alle spalle?) equivale ad affacciarsi non più dai torrioni di un castello ma dalla scatola della televisione, loro sognano la televisione.
Perché quasi sempre di questo sono state nutrite. Nessuno, probabilmente, le ha incoraggiate ad allenare altre parti di sé che non siano i glutei in palestra. Nessuno ha detto loro che dietro quegli occhioni c’è la possibilità che si annidi una fervida fantasia, un’intelligenza da sviluppare, una potenzialità che, usata, le farebbe autentiche principesse. Non principesse di giullari (assurdo, no? Il rovesciamento della favola!), ma regine della propria vita.
E allora chi, partendo dal perverso e semplicistico presupposto, che siano “adulte e vaccinate” inquina il loro sogno, piegandolo, stropicciandolo, mortificandolo su di un divano, chi butta nel loro cuore, per primo, il seme della mancanza di auto-stima, solo perché sono tanto belle, e giovani, e sole, compie, a nostro avviso, un piccolo omicidio.
Perché quel seme avvelenato crescerà a fruttificherà. Perché quei gesti e quelle parole prive di qualunque pietas, e avvelenate dalla foia di chi mai potrebbe averle in altro modo, prima o poi farà credere loro – ineluttabilmente – di essere solo quello che i mostri hanno visto. Corpi senza dignità.
Fino a quando lo diventeranno realmente.
Ecco perché – chiunque siano i mostri, i giullari bavosi – forse l’accusa dovrebbe essere quella di omicidio premeditato.
Uccidere uno spirito è forse meno grave che uccidere un corpo?
Presentato da Mammuccari, è una shakerata della “Corrida” e dello storico “Drive in”, con valletta di rigore incorporata.
In questo caso la ragazza – brasiliana, secondo il trend corrente (ma perché?) – ha un faccino delizioso, alla Bambi, innestato su di un fisico che sembra la pista per un topo con gli ski.
Si chiama Giuliana, e sorride molto, ritengo, per contratto.
Che motivo avrebbe, infatti, la piccina, di sorridere quando Mammuccari ammicca delicatamente, com’ è avvenuto qualche puntata fa, sottolineando che trattasi di “Cul-tura moderna”, ragazzi, non dimentichiamolo!, con sguardo birbone in camera, dopo aver guardato con insistenza le terga di Giuliana?
Sesso e televisione.
In questo periodo stanno fiorendo parecchie intercettazioni che non hanno proprio nulla a che fare con il Decamerone (lì c’era gioco e levità, qui solo grevità da Basso Impero). E, specularmente, sta fiorendo anche un’illuminata corrente di pensiero, cavalcata indiscriminatamente da uomini e donne, secondo la quale, sotto sotto (ma c’è chi lo dice senza perifrasi) “quelle che ci sono state”, ovvero le aspiranti vallette/presentatrici/attrici farebbero meglio a non metterla giù così dura.
In fondo, sostengono i legulei da condominio, si sa da sempre che “il divano del produttore” è molto frequentato. E non per godersi in pace due chiacchiere sui massimi sistemi e un Gin Tonic (mescolato, non shakerato, direbbe Bond: l’uomo più lontano dai nuovi mostri che aspirano solo alla carne da materasso, e nel cui vocabolario alla lettera “C” non esiste la parola conquista…).
E poi, in un irresistibile crescendo dialettico, aggiungono che trattasi di giovinette maggiorenni e vaccinate. Ergo consapevoli di quanto stanno facendo.
Conclusione. Un salto all’indietro di quarant’anni, quando le donne urlavano nelle piazze: “Né madonna né puttana”, e vai con quella P infamante, che è come se fosse marchiata a fuoco sulla carne. Altro che tatuaggi di farfalline.
Questa rubrica non si occupa di questioni giudiziarie, e, dunque, non sta a noi ipotizzare che il tale o il tal altro possa essere dichiarato colpevole di concussione sessuale. La cosa non ci riguarda.
Da questa rubrica, però, vorremmo chiedere un istante di riflessione serena. Una passeggiata della mente e del cuore lontano dallo stagno puteolente in cui si muove la stretta attualità.
E, allora, pensiamo a queste ragazze. Quelle citate nelle cronache e quelle delle quali, fortunatamente, le cronache non si sono occupate.
Tutte più belle della media. Autentici fiori. Soprattutto con un’anima. Hanno sogni fatti della materia dei sogni di tutte le adolescenti. Non solo soldi e successo. Sognano di essere principesse, come tutte le ragazze di questo mondo, da quando esistono le principesse. E se, oggi, essere principesse, ovvero amate ( soprattutto questo. O addirittura unicamente questo), e, spesso capaci di fuggire una realtà faticosa, modesta, a volte dolorosa (quante di loro hanno famiglie disfunzionali alle spalle?) equivale ad affacciarsi non più dai torrioni di un castello ma dalla scatola della televisione, loro sognano la televisione.
Perché quasi sempre di questo sono state nutrite. Nessuno, probabilmente, le ha incoraggiate ad allenare altre parti di sé che non siano i glutei in palestra. Nessuno ha detto loro che dietro quegli occhioni c’è la possibilità che si annidi una fervida fantasia, un’intelligenza da sviluppare, una potenzialità che, usata, le farebbe autentiche principesse. Non principesse di giullari (assurdo, no? Il rovesciamento della favola!), ma regine della propria vita.
E allora chi, partendo dal perverso e semplicistico presupposto, che siano “adulte e vaccinate” inquina il loro sogno, piegandolo, stropicciandolo, mortificandolo su di un divano, chi butta nel loro cuore, per primo, il seme della mancanza di auto-stima, solo perché sono tanto belle, e giovani, e sole, compie, a nostro avviso, un piccolo omicidio.
Perché quel seme avvelenato crescerà a fruttificherà. Perché quei gesti e quelle parole prive di qualunque pietas, e avvelenate dalla foia di chi mai potrebbe averle in altro modo, prima o poi farà credere loro – ineluttabilmente – di essere solo quello che i mostri hanno visto. Corpi senza dignità.
Fino a quando lo diventeranno realmente.
Ecco perché – chiunque siano i mostri, i giullari bavosi – forse l’accusa dovrebbe essere quella di omicidio premeditato.
Uccidere uno spirito è forse meno grave che uccidere un corpo?