Teatro

ADDIO A GIUSEPPE DI STEFANO

ADDIO A GIUSEPPE DI STEFANO

Giuseppe Di Stefano è mancato ieri nella sua casa di Santa Maria Hoè, nella Brianza comasca. È stato il più grande tenore del Novecento; Pavarotti lo considerava il suo Maestro e il suo modello. Una personalità complessa e completa, un uomo generoso e forte. Una voce perfetta per colore ed estensione, usata con estrema capacità di esprimere ogni minima sfumatura dei sentimenti. Nasce il 24 luglio 1921 a Sant'Anastasia, in provincia di Catania, il padre carabiniere poi piccolo commerciante, la madre sarta. Quando Pippo ha sei anni la famiglia si trasferisce a Milano, nel popolare quartiere di Porta Ticinese. A 13 anni entra in seminario, immaginando una vocazione che in realtà non c'è, tanto che tre anni dopo ne esce. Studia all'istituto magistrale, dove un compagno appassionato di lirica gli paga le prime lezioni di canto, credendo nella sua voce. Nel 1938 partecipa al suo primo Concorso Nazionale di canto, nella sezione “voci grezze”, vincendolo. Nel 1941 è chiamato alle armi; nel 1943 ritorna a Milano e inizia una carriera come cantante leggero, di canzonette ed avanspettacolo, col nome d'arte di Nino Florio. Dopo l'8 settembre ripara in Svizzera ed affronta i primi ruoli “seri” in L'elisir d'amore e Il tabarro. Nel 1946 debutta a Reggio Emilia in Manon di Massenet; canta a Venezia, Barcellona, Bologna e Roma. Il 15 marzo del 1947 debutta alla Scala ed è la rivelazione mondiale, la consacrazione di una carriera ineguagliata ed irripetibile. Seguono anni entrati nel mito, accanto alle più grandi interpreti (tra le tantissime Giulietta Simionato, Renata Tebaldi e Maria Callas, alla quale lo lega un lungo sodalizio), diretto dai più grandi Maestri (Victor De Sabata, Herbert von Karajan, Gianandrea Gavazzeni, Leonard Bernstein, Georges Prêtre), nei principali teatri di tutti i continenti. Una carriera il cui acmè è forse La traviata alla Scala con Maria Callas, diretti da Carlo Maria Giulini per la regia di Visconti nel 1955. Nel 2004 subisce un'aggressione nella sua casa in Kenya, che lo lascia in gravi condizioni e da cui non si riprende più, amorevolmente seguìto nelle cure dalla moglie Monika, soprano austriaco che lo ha sempre accompagnato con discrezione e affetto, colmando il vuoto che la prematura scomparsa della figlia a causa della leucemia aveva creato in lui. La grandezza di Pippo Di Stefano si percepiva non solo sul palcoscenico, ma anche e soprattutto nella vita quotidiana. In molti lo ricordiamo a Camerino, ospite della sua amica Vera Santarelli all'epoca assessore alla cultura del Comune, mentre passeggia lungo il corso oppure parla ai microfoni di Radio C1 in Blu, un uomo di elevato spessore culturale e di profonda umanità.