Nell’era capricciosa delle euroristrettezze che, in barba a qualsiasi ottimismo europeista, registra una costante proletarizzazione degli intellettuali, rappresentanti rari di un’umanità attenta, amare il sapere e coltivare interessi artistici e culturali è sempre più un lusso, il vezzo voluttuario di chi, soddisfatte le urgenze del necessario, può dedicarsi alle lusinghe dei beni superflui.
In tale prospettiva, manifestazioni che offrono GRATUITAMENTE concerti ed eventi teatrali, come a Napoli “Mezzanotte nei Parchi”, si distinguono davvero per l’intelligenza con cui sembrano interpretare le esigenze di un’ampia porzione della società che, suo malgrado, è sovente costretta a scegliere tra accesso ai beni primari e partecipazione alla vita culturale della città.
Con tali convinzioni chi scrive si è apprestato ad assistere, lunedì 6 agosto, allo spettacolo inserito nell’ambito della suddetta manifestazione GRATUITA, nel suggestivo anfiteatro del Parco Virgiliano di Napoli, tra le incantevoli colline di Posillipo e il mare che rugghia di strazio e meraviglia sulla rena di Coroglio e Marechiaro.
Un pubblico numeroso, nonostante le partenze d’agosto, si accalcava sugli spalti di pietra, il solito chiacchiericcio precedeva l’inizio della piece e la mia amica, con in mano l’inseparabile macchina fotografica, scattava a ripetizione, raccontandomi le sue vicende giornalistiche: insomma tutto secondo consuetudine.
La sorpresa, a dir poco incresciosa, non tardava, ohimé, a presentarsi: spentesi le luci del parco, illuminatasi la scena, il parlottio degli spettatori si placava per pochi minuti ma veniva presto sostituito (incredibile dictu!) da un fastidiosissimo rumoreggiare in cui si intrecciavano, con deplorevole continuità, strepiti, schiamazzi, borbottii, polifoniche hits-suonerie di cellulari impazziti, strappi molesti a buste di patatine e qualsiasi fenomeno acustico potesse sottolineare con enfasi ( a dir il vero superflua ) la natura lazzara ed incivile dei nostri concittadni.
Per circa un’ora l’attrice in scena, la brava Margherita Di Ruso, ha egregiamente retto palesando qualità di concentrazione non comuni, altrettanto sono stati costretti a fare quanti, come il sottoscritto, si sono imposti di non desistere, di non abbandonare gli spalti, di non rinunciare all’ennesimo spazio comune insozzato dall’insolenza, dalla maleducazione e dall’arroganza della scellerata canaglia.
A fine spettacolo, tributati i meritati plausi alla protagonista, la desolante e deprimente esperienza sottrae inevitabilmente credito alla possibilità di futuri e positivi sviluppi per la vita dell’arte nella nostra città, inoltre suggerisce l’idea che tanti di noi debbano rinunciare all’auspicabile GRATUITA’ della cultura per allontanare l’infausta condivisione di spazi con la marmaglia motteggiante e prevaricatrice (che si sazino e si abbrutiscano pure con format Endemol e veline lobotomizzate!) e, infine, ci esorta a ricordare agli organizzatori di questi eventi che non basta stilare un cartellone e individuare degli spazi per dare vita e visibilità alle abilità creative dell’ingegno umano, ma è necessario anche creare i presupposti minimi che consentano allo spettatore di fruire serenamente degli spettacoli, per esempio, attraverso l’istituzione di un semplice servizio d’ordine, in grado di intervenire a tutela degli spettatori, allontanando chi disturba, perché alla GRATUITA’ di un prodotto non dovrebbe corrispondere necessariamente il suo svilimento, soprattutto se frutto, anche, dell’incuria dei responsabili dell’organizzazione.
Teatro