Si chiama Dimitri Galli Rohl, ha 33 anni, è nato a Lucca, ha occhi azzurri, capelli lunghi e un bell’aspetto. Nel 2000 un brutto incidente gli ha complicato la vita procurandogli la frattura di due vertebre cervicali e una compressione midollare che gli hanno paralizzato le gambe e regalato un’invalidità permanente.
Ma Dimitri, che nella vita ha fatto di tutto, l’attore, lo sculture, il pittore, l’animatore e anche il cameriere, l’operaio e l’impiegato, a dispetto di quello che si può pensare, è riuscito a fare di disabilità virtù. Sarà lui, infatti, nonostante tutte le difficoltà, non ultima quella di vivere in una città come Roma a bordo di una carrozzina, ad essere il primo allievo disabile in 73 anni di storia a diplomarsi all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’amico, fondata nel 1936 dal più grande teorico teatrale italiano, critico e scrittore Silvio D’Amico, amico di Pirandello e Copeau.
L’atto finale del suo percorso accademico sarà ‘U. S. D. E’? – Unione sociale per una destra estrema’, uno spettacolo dalle forti connotazioni politiche tratto dall’ ‘Amleto’ di W. Shakespeare che potrebbe far discutere e che sarà in scena a partire dal 21 febbraio al Teatro Eleonora Duse di Roma. Il cast, composto da attori diplomati e allievi dell’Accademia, vede la partecipazione straordinaria di Mario Mattia Giorgetti nella parte di Polonio e come attore ospite Antonio Mastellone nei panni di Claudio.
“Io sarò il primo regista disabile a diplomarsi alla Silvio D’Amico, ma tanto, a ben guardare, i registi sono disabili per natura. Quando ho capito questa cosa, non ho più voluto fare l’attore – ironizza Dimitri - Un regista è chiamato a tenere sotto controllo un sacco di elementi quando decide di mettere in scena uno spettacolo; allo stesso modo, come portatore di handicap sono chiamato a pianificare meticolosamente la mia giornata se voglio arrivare alla fine limitando i disagi che la mia condizione impone al mio fisico e alla mia quotidianità. In pratica, sono il regista di me stesso. Purtroppo ci sono momenti in cui anche avere le idee chiare su ciò che posso ancora fare, dopo l’incidente, non basta. Sono quelli più difficili perché la mente tende a rievocare i fasti di una fisicità perduta e a metterli in relazione con quello che sto facendo nel momento in cui scatta la sinapsi. Ed è abbastanza fastidioso, credetemi. Diventa difficile godersi l’attimo perché il pensiero di come sarebbe vivere la stessa situazione con un corpo funzionante mi distrae portandomi completamente fuori dal contesto. A questo punto per me diventano importanti gli attori. Alla stregua di amici e parenti, persone a cui riesco ad invidiare bonariamente una condizione fisica “sana” e su cui posso proiettare me stesso completamente in modo da poter condividere con loro soddisfazioni a me precluse, gli attori sono il loro equivalente espressivo in campo teatrale. Il regista sostiene il peso di un’idea che lo tormenta e che sente il bisogno di realizzare ma non può farlo senza l’aiuto degli attori. Il regista non è teatralmente indipendente così come un disabile non lo è nella vita quotidiana. Un regista ha bisogno costantemente di essere aiutato. L’unica moneta di scambio che possiede è la sua capacità di proiezione, allenata in tanti anni trascorsi a condividere solo con sé stesso le storie che forse un giorno riuscirà a raccontare solo grazie agli attori che vorranno renderle “vive”. Diplomarmi in regia – conclude - è stata l’unica cosa sensata da fare dopo il mio incidente. Vediamo se riesco a farlo di mestiere, riducendo la disabilità ad un hobby da coltivare nel tempo libero.”
“Usdè” – spiega poi Dimitri a proposito dello spettacolo - è la storpiatura italianizzata della prima celebre battuta dell’ Amleto di William Shakespeare, “Who’s there?”, “Chi va là?”. La pronuncia una sentinella che si chiama Francesco di cui però dopo poche righe di testo si perdono completamente le tracce. Costui innesca una reazione a catena che porta un intero stato al macello istituzionale ma nella versione originale del dramma shakespeariano, esce di scena con la leggerezza di chi ha appena fatto uno starnuto. Le speculazioni intellettuali su questa battuta da sempre si sprecano. Ho deciso di trasformarla in un acronimo senza senso che in scena diventa il saluto militaresco di una minoranza Danese che rimpiange i treni puntuali e una manciata di violenti discorsi di conquista ai danni di paesi esotici magari barbari e incivili. “Usdè” è uno slogan, un grido maschio che richiama alla memoria della gioventù di Elsinore i fasti della famosa campagna di Norvegia condotta da Re Amleto padre contro il suo avversario Fortebraccio il Vecchio, di cui tanto si parla nelle freddi notti di guardia sulle mura del castello. Ma “Usdè” è anche un saluto a cui si accompagna un gesto forte del braccio destro o una grottesca metafora vocale di quel canterino “Alalà”che è patrimonio genetico di ogni italiano che si rispetti. “Usdè” ha la presunzione di raccontare l’ennesima versione dell’Amleto epurando però il testo originale da quegli “ectoplasmatici” effetti speciali che lo renderebbero improponibile ad un pubblico contemporaneo; il “ fantasma” diventa una memoria storica troppo pesante che tormenta il giovane erede al trono di Danimarca, nostalgico di un passato glorioso e incapace di accettare la decisione della madre di rifarsi una vita una volta divenuta vedova in barba al sacro diktat “Dio, Patria e Famiglia”. La vendetta che il “fantasma” esige è soltanto uno stupido gioco di fomentazione ideologica operata da uno sgangherato trio di irriducibili ai danni di un giovane confuso, convinto a credere che alla blanda democrazia di Claudio sia preferibile un sano ritorno alla tradizione. Come dire, anche in Danimarca qualcuno pensa che si stava meglio quando si stava peggio”.
L’approdo all’Accademia per il giovane aspirante regista risale al 2005, quando con il progetto il ‘M I N O T A U R O’, lo spettacolo ispirato al celebre racconto del drammaturgo svizzero Friederich Durrenmatt da lui scritto e diretto per il Teatro Sant’Andrea di Pisa e rielaborato per un’estate intera, affronta il grande provino e lo supera con successo. Dimitri oltrepassa con talento anche le ultime due fasi selettive e arriva così, nel novembre dello stesso anno, a far parte del corpo studenti allievi registi dell’Accademia.
Settantatrè anni di storia per l’Accademia dalla quale ancora oggi provengono l’80% degli attori e registi italiani ma dai cui ranghi, fino ad oggi, mai è uscito un regista portatore di handicap. Un’impresa tutt’altro che facile, che solo un temperamento deciso ed eclettico come quello di Dimitri poteva portare a termine. Sei mesi di ricovero e due anni di riabilitazione quotidiana non sono riusciti a spengere le passioni principali di Dimitri: il teatro, la pittura, la letteratura e i giochi di ruolo, e neanche a bloccarlo definitivamente su una sedia a rotelle. Grazie ad un duro lavoro su se stesso, oggi Dimitri riesce a camminare per brevi tratti con l’aiuto di un bastone ed ad avere una vita che, dal di fuori, a molti può sembrare normale.
Ed è stato proprio il teatro a spingere Dimitri ad alzare la testa dagli affetti familiari in cui si era rifugiato e a trovare la forza di rigettarsi con impeto nella vita sociale. Nel 2001 diventa Docente di Estetica dell’Animazione per il progetto ‘Terza Area’ all’Istituto Professionale ‘Sandro Pertini’ di Lucca e, successivamente, responsabile della conduzione e progettazione di laboratori teatrali curando l’allestimento di saggi – spettacoli con allievi di molte scuole della città. Nel 2003 è inoltre docente per le scuole primarie per il progetto ‘Zoo di Carta’, patrocinato dal Teatro del Giglio di Lucca mentre contemporaneamente lavora sul testo di Pierpaolo Pasolini ‘Pilade’ sotto la guida del Maestro Alessio Pizzech, oggi affermato regista di prosa e lirica, che gli affida la parte dell’attore protagonista nello spettacolo omonimo che prevede 5 repliche di cui due a soli 30 minuti di distanza l’una dall’altra. Considerando che la durata dello spettacolo supera i centoquaranta minuti, terminarlo in piedi è per Dimitri quella che si può definire una vera impresa; motivato dalle ottime recensioni dello spettacolo a cura di giornalisti come Anna Maria Monteverdi, nel 2004 partecipa e supera brillantemente il provino sotto l’occhio esperto e attento dei maestri Lorenzo Maria Mucci e Andrea Biagiotti, e nel mese di dicembre entra a far parte del corso di propedeutica teatrale ‘Il Fiore del Teatro’ organizzato dal Teatro Verdi di Pisa.
Durante la sua permanenza all’Accademia sono moti i laboratori svolti da Dimitri sotto la guida di grandi maestri come Lilo Baur e Bruce Meyers, attori di Peter Brook, Judith Malina e Hanon Retzinikov del Living Theatre, Emma Dante, Luca Ronconi, Ugo Chiti, e il regista inglese Peter Clough. Nel 2007 coglie l’occasione di collaborare con il regista Andrea Baracco per l’allestimento dello spettacolo ‘Filottete’ in scena al Teatro Cometa Off in qualità di assistente – scenografo e, nel 2008, dopo 2 anni che non recita, torna a calcare il palcoscenico nello spettacolo ‘Svenimenti’ tratto dai testi di Anton Cechov in scena al teatro Vascello di Roma e diretto dalla grande regista Lilo Baur, che nella capitale riscuote un grande successo. Sempre nel 2008 si aggiudica il secondo posto al ‘Premio Nazionale delle arti’ con il corto ‘Shomèr – ma – mi –llailah’ ispirato alle canzoni di F. Guccini e interpreta, adatta e dirige insieme a Luca Mancini e Daniela Vitale, due allievi attori che partecipano oggi al progetto ‘Hamlet’, lo spettacolo ‘Elnemulas’, tratto dal testo del grande maestro ungherese Miklòs Hubay per il progetto ‘Gutenberg’ di Catanzaro, incontrando personalmente lo stesso Hubay, presente per ricevere il premio alla carriera, che applaude Dimitri e compagni con commozione.
Non si può capire appieno l’ecletticità di Dimitri se non scavando nelle pieghe della sua infanzia: a 7 anni conosce a memoria le canzoni di Francesco Guccini e porta i genitori al cinema a vedere “capolavori” come Superman’, ‘E.T.’, ‘La Storia Infinita’, ‘Mazinga contro Goldrake’, ‘Rambo II’ e ‘Rocky IV’. Durante le scuole medie incontra, uno tra i primi, il fenomeno del libro-game e dei giochi di ruolo e a soli 16 anni contribuisce a fondare l‘associazione ludica ‘Dadi & Fantasia’, la prima realtà associativa rivolta agli appassionati di giochi presente sul territorio lucchese. All’amore per la letteratura, il disegno e i giochi di ruolo, unisce ben presto quello per il teatro e nel 1998 fonda insieme ad alcuni amici la compagnia teatrale amatoriale ‘La Cattiva Compagnia’ con cui porta in scena ‘Nekrasov’ dall’omonimo testo di J.P. Sartre e ‘La Boutique del Mistero’ dai racconti di D. Buzzati. Pittore raffinato di miniature vince per due anni di seguito, nel 1998 e nel 1999 il trofeo Grog, indetto dalla manifestazione internazionale ‘Lucca Comics and Games’ e partecipa come animatore, alla manifestazione di Telethon del 1997 a Catania. L’ultimo tassello del puzzle, in senso solo cronologico, Dimitri lo metterà il 21 febbraio, quando tra la polvere dell’ ‘Eleonora Duse’ di Roma un Amleto tutt’altro che compiacente lo aspetterà sul palcoscenico per consegnarli un diploma guadagnato con grande fatica, ma soprattutto con grande passione e coraggio.