Intensissimo, profondo, unico. Vedere questo "Electra", al Piccolo Teatro Studio di Milano fino al 29 ottobre, provoca un senso di partecipazione raramente vissuto in teatro. Straordinaria regia e allestimento affascinante sottolineato dall'aspetto sonoro in cui ogni spettatore è avvolto, grazie all'uso della cuffia, di cui ogni poltroncina è dotata.
Il palcoscenico è dotato di una quarta parete, chiusa da un tendone plasticato che imita le vetrate di un grande castello. Non importa se nessuno può sentire le parole pronunciate dai personaggi, visibili solo quando luci fioche li illuminano e impossibili da sentire senza l'uso delle cuffie in dotazione. Ma sono loro a esprimere, con tormento, angoscia, attesa, orrore, stupore, affetto, odio, amore, tutta la gamma dei sentimenti che Hugo von Hofmannsthall ha rivelato in questa tragedia. Elettra, scritta nel 1903 ispirandosi all'Eschilo nelle Coefore, era protagonista nei drammi di Euripide e Sofocle.
Un re è stato ucciso dalla propria moglie, che ha sposato l'amante col quale vuole vivere da regina, da padrona assoluta. Ma la figlia, Elettra, capace di profezie sconvolgenti, resiste e convive con l'incubo di grotteschi omicidi, in attesa del ritorno del fratello Oreste che dovrà portare a compimento la vendetta familiare: uccidere la madre e il suo amante per riscattare il padre, re deposto con l'inganno e il delitto. Nell'attesa che il fato si compia, i personaggi tentano di comunicare fra loro, mentre gli spettatori assistono impotenti al dispiegarsi della natura umana e dei suoi vizi.
Gli attori microfonati sussurrano parole dentro le nostre orecchie e ci ipnotizzano, mentre il rumore di passi minacciosi ci fa rabbrividire, col suo oscuro mistero e il movimento sonoro usato da una stereofonia geniale, descritta come olografica, tridimensionale. Corse affannose, gemiti, porte che sbattono, urla soffocate, nitriti lontani: cosa accade al castello? Chi sopravviverà, chi morirà, chi potrà fuggire?
Il regista Andrea De Rosa ha creato una pièce teatrale fantastica e sceglie di soffermarsi solo su tre personaggi in carne ed ossa. La bravissima francese Frédérique Loliée accarezza con accento dolcemente gutturale le orecchie del pubblico. Con parole che lasciano il segno, descrive i motivi per cui non potrà perdonare né andarsene prima che si compia il destino di famiglia. Moira Grassi spicca nel ruolo della sorella Crisotemide, donna giovane a ancora piena di voglia di vivere e dimenticare gli orrori vissuti al castello. La madre Clitemnestra è interpretata da una gelida Maria Grazia Mandruzzato e regge la scena con bravura e falsa incuria.
Gabriele Benedetti, infine, l'atteso fratello Oreste, non delude e conclude la tragedia. La ricerca della verità qui non ha speranze di successo: dopo tanto fango gettato sulla vita altrui, gli spettatori portano con sè la sensazione di aver indossato per 80 minuti un piccolo gioiello invisibile ben confezionato. Giorgio Mellone firma il sonoro, musicato e rumoroso.
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