"Il luogo è l’identità." Questa frase, di Franco Fabbri, direttore del teatro "Diego Fabbri", riassume perfettamente il dibattito che ha visto coinvolti una parte degli attori impegnati nella messa in scena di "Prima Pagina", tra gli altri Gianmarco Tognazzi e Bruno Armando, e alcuni cittadini di Forlì.
Ieri infatti, presso All’Artista Caffè, alle 18.30, ha avuto luogo un incontro tra alcuni rappresentanti della compagnia Indie Occidentali e quanti fossero interessati all’evento.
Dopo una breve presentazione dello spettacolo, che si basa su un adattamento di Edoardo Erba dal film Prima Pagina del 1974 di Billy Wilder, per la regia di Francesco Tavassi, gli attori hanno risposto alle domande del pubblico.
Dalla conversazione sono emersi i temi fondamentali ed attualissimi dell’opera, come i limiti che l’informazione dovrebbe porsi, la morbosità voyeuristica dei media di comunicazione e dei fruitori del servizio, la pena di morte, ma anche le difficoltà di portare in scena uno spettacolo come Prima Pagina, che oltre a porre problemi tecnici di adattamento da una versione cinematografica, ha costretto i protagonisti ad un cambiamento profondo nel tipo di recitazione e nel timbro di voce.
La soluzione è stata quella di optare per un registro grottesco, che permettesse di rendere tutta la drammaticità della situazione, la tragedia di un condannato a morte sfruttato da due giornalisti senza scrupoli, in modo velato, senza scivolare nel patetico.
Adottare un’impostazione di voce artificiale va di pari passo con il tipo di messa in scena, infatti una recitazione realista avrebbe stonato con uno stile che prevede l’esagerazione degli elementi macabri.
Il discorso poi è passato alla crisi di qualità che il teatro italiano sta vivendo in questo momento, sia per la politica di alcune realtà di creare cartelloni misti che vorrebbero attirare la maggior parte di pubblico, ma che, come ha sottolineato giustamente Gianmarco Tognazzi, non fanno che confondere, sia per lo sconfinamento dei codici e dei personaggi televisivi nel teatro come nel cinema.
A questo punto il dibattito è stato riassunto, come dicevamo in apertura, dall’intervento del direttore del Teatro Diego Fabbri, il quale ha espresso con un’unica frase: "Il luogo è l’identità" l’importanza della struttura e dell’istituzione del teatro, che non si limita ad essere un edificio in cui si svolgono rappresentazioni, ma conferisce a quanto avviene al suo interno un’aura, uno statuto di opera d’arte, e che quindi non può permettersi una programmazione indiscriminata, ma deve rendere chiara la differenza tra generi e tipologie di spettacolo, recuperando la coscienza della propria sacralità.
La mancanza di un pubblico giovane e consapevole è un altro elemento penalizzante per il teatro, che soffre della carenza di spettatori appartenenti alle nuove generazioni, e dotati di un feed-back culturale che permetta loro di godere appieno di uno spettacolo in cui lo spirito critico e di osservazione giocano un ruolo fondamentale.
L’incontro si è concluso con l’auspicio di tutti i presenti di un impegno per stimolare la competenza, sia da parte della società che da parte del teatro, dal momento che l’uno si riflette nell’altra e viceversa.
Ieri infatti, presso All’Artista Caffè, alle 18.30, ha avuto luogo un incontro tra alcuni rappresentanti della compagnia Indie Occidentali e quanti fossero interessati all’evento.
Dopo una breve presentazione dello spettacolo, che si basa su un adattamento di Edoardo Erba dal film Prima Pagina del 1974 di Billy Wilder, per la regia di Francesco Tavassi, gli attori hanno risposto alle domande del pubblico.
Dalla conversazione sono emersi i temi fondamentali ed attualissimi dell’opera, come i limiti che l’informazione dovrebbe porsi, la morbosità voyeuristica dei media di comunicazione e dei fruitori del servizio, la pena di morte, ma anche le difficoltà di portare in scena uno spettacolo come Prima Pagina, che oltre a porre problemi tecnici di adattamento da una versione cinematografica, ha costretto i protagonisti ad un cambiamento profondo nel tipo di recitazione e nel timbro di voce.
La soluzione è stata quella di optare per un registro grottesco, che permettesse di rendere tutta la drammaticità della situazione, la tragedia di un condannato a morte sfruttato da due giornalisti senza scrupoli, in modo velato, senza scivolare nel patetico.
Adottare un’impostazione di voce artificiale va di pari passo con il tipo di messa in scena, infatti una recitazione realista avrebbe stonato con uno stile che prevede l’esagerazione degli elementi macabri.
Il discorso poi è passato alla crisi di qualità che il teatro italiano sta vivendo in questo momento, sia per la politica di alcune realtà di creare cartelloni misti che vorrebbero attirare la maggior parte di pubblico, ma che, come ha sottolineato giustamente Gianmarco Tognazzi, non fanno che confondere, sia per lo sconfinamento dei codici e dei personaggi televisivi nel teatro come nel cinema.
A questo punto il dibattito è stato riassunto, come dicevamo in apertura, dall’intervento del direttore del Teatro Diego Fabbri, il quale ha espresso con un’unica frase: "Il luogo è l’identità" l’importanza della struttura e dell’istituzione del teatro, che non si limita ad essere un edificio in cui si svolgono rappresentazioni, ma conferisce a quanto avviene al suo interno un’aura, uno statuto di opera d’arte, e che quindi non può permettersi una programmazione indiscriminata, ma deve rendere chiara la differenza tra generi e tipologie di spettacolo, recuperando la coscienza della propria sacralità.
La mancanza di un pubblico giovane e consapevole è un altro elemento penalizzante per il teatro, che soffre della carenza di spettatori appartenenti alle nuove generazioni, e dotati di un feed-back culturale che permetta loro di godere appieno di uno spettacolo in cui lo spirito critico e di osservazione giocano un ruolo fondamentale.
L’incontro si è concluso con l’auspicio di tutti i presenti di un impegno per stimolare la competenza, sia da parte della società che da parte del teatro, dal momento che l’uno si riflette nell’altra e viceversa.