Teatro

I MACCHIAIOLI - IL SENTIMENTO DEL VERO

I MACCHIAIOLI - IL SENTIMENTO DEL VERO

La mostra propone, in un itinerario di oltre cento opere, l'originale e rigoroso rapporto dei Macchiaioli con i princìpi del vero. La prima sezione esemplifica (con opere di Vito D'Ancona, Cristiano Banti, Vincenzo Cabianca, Raffaello Sernesi) l'invenzione della macchia, strumento ed emblema del movimento dei realisti toscani. La seconda sezione introduce al momento più poetico della storia del Macchiaioli come movimento unitario, attestando un nuovo modo di rapportarsi con il paesaggio: le opere sono in prevalenza di Odoardo Borrani e Giuseppe Abbati. La terza sezione, centrata su “L'alzaia”, capolavoro ritrovato di Signorini, raggruppa dipinti splendidi che esemplificano la sublimazione del tema del lavoro e della realtà della vita quotidiana italiana del tempo, dimensione primaria di questi pittori. La quarta sezione attesta l'insinuarsi nella poetica della macchia di inevitabili influenze internazionali e presenta, dopo oltre cinquant'anni, “Ave Maria” di Fattori, insieme a indimenticabili scene femminili di Cecioni (“Interno con figura” della Galleria Nazionale d'Arte Moderna), Borrani, D'Ancona, Banti. La quinta sezione documenta l'impegno della seconda generazione dei Macchiaioli (Francesco Gioli, Niccolò Cannicci e Egisto Ferroni) ad una trascrizione oggettiva del vero. Le tre ultime sezioni sono dedicate ai capiscuola dei Macchiaioli, i quali, pur restando fedeli ai temi del realismo, sviluppano percorsi individuali: la “verità” di Fattori, il “carattere” di Signorini e il “sentimento” di Lega. Tra le opere esposte, mi piace segnalare “Le cucitrici di camicie rosse” di Odoardo Borrani del 1863. Nel fragile guscio di un salotto di gusto biedermeir, quattro giovani donne sono intente a cucire, con mesta e silenziosa alacrità, la camicie rosse dei garibaldini. La data del dipinto suggerisce la temperie sentimentale che pervade questa scena e il clima di delusione dei democratici italiani, sottolineando la partecipazione commossa e corale che si respirava in ambienti solo apparentemente appartati dal fulcro degli eventi che stavano cambiando la storia d'Italia. Il dipinto è dominato dalla struggente poesia delle speranze perdute, ma l'autore tralascia ogni accentazione retorica a favore di un sentimento di umana solidarietà verso le persone coinvolte in quelle drammatiche vicende. Le cucitrici sono l'ideale seguito di “26 aprile 1859” (Istituto Matteucci di Viareggio, non esposto in questa mostra), ma in quella tela le mani della giovane patriota erano febbrili e speranzose nel cucire la bandiera italiana, mentre qui domina un'inquietudine sottile. Torino, Palazzo Bricherasio, fino al 10 giugno 2007, il lunedì dalle 14,30 alle 19,30, da martedì a domenica dalle 9,30 alle 19,30, giovedì e sabato chiusura alle 22,30, ingresso euro 7,50, catalogo Electa, infoline 011.5711811, sito internet www.palazzobricherasio.it.