Mercoledì 16 novembre, alle ore 21.00, il teatro Sociale di Busto Arsizio ospiterà uno spettacolo sulla «questione meridionale» nell’opera letteraria di Giovanni Verga e Luigi Pirandello. Sul palco saliranno gli attori Ambra Greta Cajelli, Gerry Franceschini, Silvano Melia, Mario Piciollo e Anita Romano. La regia e l’ideazione scenica dello pièce portano la firma di Delia Cajelli. L’appuntamento è inserito nella stagione cittadina «BA Teatro». Nella mattinata di giovedì 17 novembre, alle ore 10.15, è programmata una replica per le scuole secondarie di primo e di secondo grado, all’interno della rassegna «Il teatro dei ragazzi e per i ragazzi» di «Educarte»…
E’ una visione critica nei confronti dell’epopea risorgimentale quella che emerge dallo spettacolo «Libertà», in programma mercoledì 16 novembre, alle ore 21.00, al teatro Sociale di Busto Arsizio. L’appuntamento, inserito nella stagione cittadina «BA Teatro» e promosso dall’associazione culturale «Educarte», vedrà salire sul palco gli attori Ambra Greta Cajelli, Gerry Franceschini, Silvano Melia, Mario Piciollo e Anita Romano, sotto la regia di Delia Cajelli.
La piéce, che verrà proposta in replica nella mattinata di giovedì 17 novembre (alle ore 10.15) per le scuole secondarie di primo e di secondo grado, ripercorre la cosiddetta «questione meridionale» attraverso la produzione letteraria di Giovanni Verga e Luigi Pirandello.
Spunto iniziale è il racconto breve «Libertà» di Giovanni Verga, pubblicato nel marzo del 1882 sulla «Domenica letteraria» e compreso, poi, nella raccolta «Novelle rusticane», edita nel 1883 dall’editore Treves di Milano. In queste pagine, l’autore catanese pone in scena un fatto storico realmente accaduto, figlio di quel clima d’attesa di radicali cambiamenti che si era creato in Sicilia con l’arrivo di Giuseppe Garibaldi, a seguito della spedizione dei Mille, e con il suo proclama del 2 giugno 1860, nel quale venivano promesse una divisione equa delle terre demaniali e sostanziali miglioramenti nella condizione di vita del popolo.
Scenario del racconto è Bronte, paesino alle pendici dell’Etna, dove la mancata realizzazione di questi accordi causò, nelle giornate tra il 2 e il 5 agosto 1860, una sanguinosa insurrezione contadina, repressa duramente dal generale Nino Bixio e dalle truppe garibaldine, con la fucilazione sommaria di cinque rivoltosi e un lungo processo, che terminò con la condanna al carcere a vita per tutti gli altri sovversivi.
Dalle pagine di «Libertà», dove la piccola comunità brontina viene descritta prima sfrenata nello spargimento del sangue, poi incapace di capire gli interventi esterni di esercito e giustizia, emerge tutta la sfiducia per il corso preso dal Risorgimento italiano e, in particolare, dalla politica post-unitaria nei territori del Sud. La riflessione sulla cosiddetta «questione meridionale» non compare, però, solo in questa novella, ma è anzi uno dei capisaldi dell’intera produzione romanzesca e novellistica di Giovanni Verga, uno dei massimi rappresentanti del Verismo. Oggetto costante di rappresentazione della sua opera sono, infatti, i modi di vivere, i valori e i tipi umani del mondo contadino e marinaro meridionale, nel quale convergono e si coagulano sentimenti come il rifiuto delle novità, la sfiducia profonda nell’agire umano e la fatalistica accettazione dell’esistente.
Il canone fondamentale al quale l’autore si ispira per questi suoi affreschi popolari è quello dell’impersonalità, o meglio dell’oggettività, intesa come «schietta ed evidente manifestazione dell’osservazione coscienziosa» (lettera a Salvatore Verdura, 21 aprile 1878). Lo scrittore siciliano vuole, cioè, indagare nel misterioso processo dei sentimenti umani, esponendo il «fatto nudo e schietto» come è stato, «raccolto per viottoli dei campi, press’a poco con le medesime parole semplici e pittoresche della narrazione popolare» (lettera a Salvatore Farina, 1880). L’obiettivo è di realizzare un lavoro nel quale il processo della creazione rimane un mistero, la mano dell’autore è invisibile e «l’opera d’arte sembrerà essersi fatta da sé» (lettera a Salvatore Farina, 1880).
La dichiarazione tecnica del principio di oggettività e dell’adesione a quello che Luigi Pirandello definì uno «stile di cose» è contenuta nella lettera dedicatoria a Salvatore Farina, premessa alla novella «L’amante di Gramigna», pubblicata all’interno della raccolta «Vita dei campi» (1880). Un racconto, questo, nel quale lo scrittore catanese affronta anche una delle piaghe più sanguinose del Meridione post-risorgimentale, il fenomeno del banditismo, raccontando la storia di una giovane donna che, innamoratasi di un fuorilegge per la sua fama, fugge di casa e sceglie di passare con lui la sua vita, tra stenti e difficoltà. «La più vera e profonda dichiarazione di poetica che il Verga abbia fatto», per usare le parole di Leonardo Sciascia, è, però, contenuta all’interno della novella «Fantasticheria», uscita in rivista nel 1879 e pubblicata anch’essa in «Vita dei campi». In queste pagine, nelle quali vengono descritti alcuni personaggi popolari del paese marinaro di Aci Trezza, che diventeranno poi i protagonisti del romanzo «I Malavoglia» (1881), viene teorizzato l’«ideale dell’ostrica», «il tenace attaccamento» dei più umili alla terra natale e alla famiglia, «allo scoglio sul quale la fortuna li ha lasciati cadere», pena il dolore, la sciagura e la morte.
La «questione meridionale» è al centro anche del racconto breve «Cos’è il Re», pubblicato nella raccolta «Novelle rusticane», nel quale si descrive la storia di un lettighiere, che rimpiange il tempo dei Borboni, quando non esistevano ancora le «strade carrozzabili» ed egli poteva esercitare il proprio mestiere e pagare così i debiti contratti. Protagonista di quest’opera è, dunque, un «vinto», uno sconfitto dalla «fiumana del progresso», così come vinti sono i personaggi principali del romanzo «I Malavoglia» (1881), del quale verranno rappresentate le pagine dedicate alla battaglia di Lissa del 1866, nella quale affondò la nave ammiraglia «Re d’Italia».
Una visione disincantata dell’unità d’Italia traspare anche da molte opere di Luigi Pirandello, e soprattutto dal romanzo «I vecchi e i giovani», composto tra il 1906 e il 1908 e pubblicato nel 1913. Un romanzo, questo, nel quale l’autore si fa interprete di quella summa di nostalgie e aspirazioni, illusioni e delusioni che la società isolana visse all’indomani del 1870, con le rivolte dei braccianti agricoli e degli «zolfatai», la repressione crispina dei Fasci siciliani e lo scandalo della Banca romana.
Il tema del Risorgimento tradito, causa di fenomeni quali il banditismo e l’emigrazione meridionale dei primi del Novecento, viene trattato dallo scrittore di «Uno, nessuno e centomila» anche nella commedia «L'altro figlio», tratta dall’omonima novella del 1902 e rappresentata per la prima volta al teatro Nazionale di Roma nel 1923.
Al centro del racconto, tra i meno rappresentati dell’universo drammaturgico pirandelliano, vi sono due storie parallele: il tormento di una donna che rifiuta la propria maternità, non per scelta, ma per la devastante e incoercibile necessità di dimenticare l’orrore e la violenza sessuale subita da un brigante (lo stesso uomo che le uccise il marito), e l’indicibile sofferenza di un figlio, onesto e laborioso, che, pur esente da colpe, si vede respinto e sconfitto nel proprio amore filiale, preferito ai fratellastri che sono partiti per l’America, abbandonando la madre a una vita di stenti.
E’ questo il substrato culturale che sta alla base della pièce «Libertà», promossa in occasione dei centocinquanta anni dell’Italia unita. «Il testo drammaturgico –spiega la regista Delia Cajelli- si configura come una commedia unitaria, non frazionata nelle singole novelle e opere letterarie, dalle quale trae spunto. In perfetta adesione con i dettami del Verismo verghiano, gli attori si rifaranno all’«artificio dello straniamento», alla tecnica dell’oggettivazione dei fatti narrati. Colonna sonora dello spettacolo saranno canti popolari siciliani, nell’interpretazione di Rosa Balistreri».
Il costo del biglietto per lo spettacolo serale è di euro 16,00 per l’intero ed euro 12,00 per il ridotto, riservato a a giovani fino ai 21 anni, ultra 65enni, militari, associati Cisl Scuola, Cral, biblioteche e dopolavoro con minimo dieci persone; l’ingresso al matinèe, inserito nella rassegna «Il teatro dei ragazzi e per i ragazzi» di «Educarte», è, invece, fissato ad euro 7,00.
Il botteghino del teatro Sociale, ubicato presso gli uffici di piazza Plebiscito 8, è aperto nelle giornate di mercoledì e venerdì, dalle 16.00 alle 18.00, e il sabato, dalle 10.00 alle 12.00. E', inoltre, possibile riservare i propri posti, chiamando il numero 0331.679000, tutti i giorni feriali, secondo il seguente orario: lunedì, martedì e giovedì, dalle 9.30 alle 12.00 e dalle 16.00 alle 18.00; mercoledì e venerdì, dalle 9.30 alle 12.00.