Il celebre pianista alla prese con un repertorio di grande fascino per un concerto che ha incantato il pubblico romano.
La stagione dell’Istituzione Universitaria dei Concerti della Sapienza ha ospitato una serata di grande pianismo con un concerto di Louis Lortie. Il pianista franco-canadese è noto per la vastità del suo repertorio ed è spesso ospite delle istituzioni musicali del nostro paese. Non sembra avere particolari predilezioni, le sue scelte spaziano da Mozart a Gershwin, passando per Beethoven e Liszt fino a Ravel e Stravinskij. Nell’affollata Aula Magna della Sapienza ha presentato la Sonata in mi minore op. 7 di Edvard Grieg, la Sonata n. 28 in la maggiore op.101 di Ludwig van Beethoven e la Sonata in fa minore op. 5 di Johannes Brahms.
La Sonata di Grieg, scritta a ventidue anni, fresco di conservatorio, ma successivamente rielaborata in età matura, risente degli studi a Lipsia dove l’incontro con l’opera di Mendelsson e soprattutto di Schumann lascia una impronta esplicita sulle soluzioni armoniche senza rinunciare alle caratteristiche melodie della sua terra. L’interpretazione di Lortie è luminosa e rende bene i chiaroscuri timbrici e i contrasti dinamici.
La Sonata di Beethoven viene considerata come l’inizio della sua ultima fase creativa, caratterizzata dalla progressiva presa di distanza dagli schemi formali tradizionali. L’indicazione dei movimenti è, oltre che come di consueto in italiano, anche in tedesco con sfumature che sottolineano il sentimento romantico del brano. Il motivo iniziale è intimo, quasi liederistico, ricorda un po’ la cantabilità di Schubert. Nel secondo movimento ritmo di marcia, contrasti e dissonanze: tutta la tastiera è impegnata. La musica si addolcisce per poco nel trio per poi riprendere con le asprezze della marcia. Nel breve Adagio atmosfera quasi dolente, lieve fugato ed apparizione del tema dell’Allegretto iniziale. I contrasti tornano nell’Allegro finale, qui la polifonia è dominante, e una grande fuga sul primo tema del movimento prepara l’atmosfera ai contrasti degli accordi conclusivi. L’approccio di Louis Lortie è come sempre impeccabile, ma talvolta sembra che la tecnica e il rigore prevalgano sulla passione.
La seconda parte del concerto è per Brahms, la Sonata proposta è un miracolo di tecnica pianistica e di passione romantica, soprattutto se si pensa che è stata scritta da un ventenne. Il riferimento beethoveniano è subito esplicito nel motto energico del primo movimento dove appare “il tema del fato” con un omaggio alla Quinta sinfonia in contrasto con il secondo tema dolce e sereno. L’Andante è un vero e proprio manifesto dell’amore romantico, la melodia è dolce, fiorita di arpeggi delicati, nel successivo Scherzo il ritmo si fa incalzante e le melodie frammentate. Appare qui un tempo nuovo, un “Intermezzo” in cui ritroviamo il tema amoroso dell’Andante, ma incupito e colmo di oscuri presagi. Il conclusivo Allegro moderato ma rubato è un rondò vivace dove qualche episodio più cupo viene cancellato dalla esplosiva e virtuosistica coda, vero pane per i denti di Louis Lortie che esibisce la sua tecnica sopraffina nella resa dei contrasti, unita stavolta ad una intensa partecipazione.
Pubblico festante e un bis chopiniano.