Teatro

Milano, una cerimonia per una partigiana

Milano, una cerimonia per una partigiana

Gina Galeotti Bianchi fu una delle personalità di spicco della Resistenza Milanese, una delle figure di primo piano del Gruppo di Difesa delle Donne.
“Lia”, questo il nome di battaglia, aveva cominciato la sua attività antifascista giovanissima, a diciassette anni.
Nel 1943 viene arrestata e deferita al Tribunale Speciale per essere stata tra gli organizzatori a Milano degli scioperi del marzo contro la guerra.
Incarcerata per quattro mesi e più volte torturata nel carcere di San Vittore, fu liberata con la caduta del fascismo il 25 luglio e l’8 settembre entrò subito nelle organizzazioni della Resistenza.
Fece parte, in particolare, del Comitato provinciale di Milano dei “Gruppi di Difesa della Donna”, si impegnò nel servizio informazioni (nella Tipografia di Vario D’Adda) e nella pubblicazione clandestina dell’Unità e di libri.
 
Il 24 aprile del 1945, incinta di otto mesi, “Lia” fu falciata da una raffica di mitra, sparata da un camion carico di soldati tedeschi in fuga e incappati in un posto di blocco partigiano. Questo accadde mentre si recava con la compagna Stellina Vecchio all’ospedale di Niguarda dove dovevano incontrare alcuni partigiani feriti, lì ricoverati sotto false generalità, o forse avevano un appuntamento per un passaggio di consegne con il settore di Niguarda dei Gruppi di Difesa della Donna.
 
Nel 2002 Renato Sarti regista, autore nonché direttore artistico del Teatro della Cooperativa, comincia una lunga ricerca, supportata anche dall’A.N.P.I., sulla storia di Gina Galeotti Bianchi cercandone le tracce tra le vie ed i cortili di Niguarda e dei quartieri vicini, raccogliendo le testimonianze di ex partigiani e partigiane che avevano conosciuto e combattuto al fianco di Gina Galeotti Bianchi. Prima fra tutte Stellina Vecchio, che sopravvisse a quel 24 aprile 1945, Laura Polizzi nome di battaglia Mirca, di Reggio Emilia, che operò nel quarto settore dei gruppi di difesa della zona Porta Romana, l’infermiera Lina Fibbi, alla figlia della portinaia del palazzo davanti al quale lei viene uccisa. Tasselli sparsi di un mosaico difficile da ricostruire: si operava in clandestinità, degli altri compagni e compagne si doveva sapere solo il nome di battaglia.
Questa ricostruzione accidentata e difficile, perché ai tempi si operava in clandestinità, trova una sintesi nel 2003 nello spettacolo di Renato Sarti “Nome di battaglia Lia” ottenendo fin da subito il plauso del pubblico, della critica e dei media locali e nazionali.
 
Da allora la storia di Gina Galeotti Bianchi fa il giro di molte piazze italiane e le scuole lo richiedono come documento esemplificativo per spiegare l’importante apporto dato dalle donne alla Resistenza a Milano.
Ad oggi è l’unico documento completo sulla storia di Gina Galeotti Bianchi.