Immagini&Suoni festival 2006”, organizzata dal circolo Arci Carichi Sospesi. Sabato 22 luglio, alle ore 21.30, al Bastione Santa Croce (Via Marghera – Padova) è in scena il monologo teatrale “Mai Morti”: le pagine più nere della storia italiana degli ultimi 60 anni rivivono nelle parole di Renato Sarti a cui dà voce da Bebo Storti, in uno spettacolo di forte impatto sempre capace di suscitare riflessioni e anche dibattito.
Mai Morti era il nome di uno dei più terribili battaglioni della Decima Mas. Il personaggio interpretato da Bebo Storti ricorda con delirante nostalgia le azioni di questa formazione che operò accanto ai nazisti nella repressione antipartigiana. Un uomo dei nostri giorni che rimpiange le “belle imprese” del ventennio fascista, e si impegna in prima persona a difesa dell’“ordine pubblico”, contro viados, extracomunitari, zingari e drogati. Una figura immaginaria, ma tragicamente realistica.
Renato Sarti, drammaturgo e autore da sempre impegnato sui temi della memoria storica, ha voluto ripercorrere episodi della nostra storia ampiamente documentati, attraverso i racconti di un uomo “mai pentito”, per far riflettere, in modo diretto e crudo, su quanto nel nostro paese razzismo, nazionalismo e xenofobia siano ancora presenti e attuali.
In una notte milanese dei nostri giorni il protagonista si sveglia e rievoca gli episodi a lui più “sacri, lontani, cari”. Ricorda la Ettore Muti, banda fascista che nel 1944 torturò centinaia di antifascisti all’interno del Piccolo Teatro di Milano. Rivive la strage della comunità copta di Debrà Libanos, dove nel 1937 il viceré Rodolfo Graziani e il generale Maletti Pietro Senior si resero protagonisti dell’eccidio di 2000 fra fedeli e diaconi. Accenna all’uso indiscriminato e massiccio dei gas da parte dell’esercito italiano in Africa contro le popolazioni civili. E ancora rievoca alcune tra le più orribili imprese portate a termine dalla Decima Mas nel Canavese e in Friuli nell’estate-autunno del 1944.
Anche il passato più prossimo, e il nostro presente, animano i suoi sogni a occhi aperti: dalla Milano incandescente del 1969 (quando “ai funerali di piazza Fontana si doveva fare il gran botto finale. Bastava un ordigno, uno solo e nemmeno ad alto potenziale. La ressa, qualche nostro provocatore avrebbe scatenato un cataclisma (…). Allora si che si riusciva a scaraventare anarchici tranquillamente dalla finestra, raccontare frottole a destra e a manca e farla comunque sempre franca”) fino alle agghiaccianti immagini del G8 di Genova e alla morte di Carlo Giuliani.
Un monologo che cerca di ricordare che la parola “antifascismo” ha ancora un fondamentale e profondo motivo di esistere. Uno spettacolo che fa notizia perché fa discutere, divide gli spettatori, fa arrabbiare, emozionare e commuovere.