Parigi, Opéra Bastille, “L’Affare Makropoulos” di Leoš Janáček
LE STAR NON SONO FORSE IMMORTALI?
Per la prima volta nella storia dell’Opéra de Paris è andato in scena alla Bastille “L’Affare Makropoulos “, penultima opera, enigmatica e dura, del compositore ceco. L’opera, tratta dalla commedia di Karel Čapek, trascura le tematiche sociologiche dello scrittore per focalizzarsi intorno al dramma esistenziale della protagonista, una donna dal passato misterioso che interviene in un complicato caso legale.
Il tema è il fallimento del mito dell’eterna giovinezza, incarnato dalla cantante di successo Emilia Marty, che in 337 anni di vita ha avuto tante identità, rimanendo giovane e bella, ma interiormente devastata dal cinismo e dalla mancanza di sentimenti. L’effetto dell’elisir di lunga vita sta per svanire e la primadonna è pronta a tutto per poterne ritrovare la formula e rimanere immortale. Ma la morte è un fatto di natura e va accettato, il sogno umano dell’immortalità è infelice utopia perché è proprio nella sua brevità che la vita ha senso.
Il regista Krzystof Warlikowski ambienta la vicenda in una Hollywood anni ’50 - ben suggerita dalla scenografia patinata e dai costumi di Malgorzata Szczesniak - e trasforma la cantante lirica in una star del cinema, icona di eterna bellezza, condannata, nonostante il desiderio suscitato negli uomini, alla solitudine e alla tragedia.
Per sottolineare l’aspetto cinematografico la musica orchestrale, varia e incalzante, viene accompagnata da veloci proiezioni in bianco e nero: spezzoni di film, interviste, servizi di cronaca, che commentano la musica e anticipano le situazioni, fino a sovrapporsi a quanto avviene sul palcoscenico.
Quando la protagonista entra in scena, catalizza gli sguardi: Marilyn dorata dal vestito plissettato alzato da un soffio di vento o femme fatale dai lunghi capelli rossi accoccolata sul palmo di un gigantesco King Kong che avanza sul palcoscenico. Ma il suo vero volto è quello di Gloria Swanson, la diva sul viale del tramonto, il cui viso segnato dal tempo e dal dolore viene proiettato a frammenti sulle pareti di un bagno pubblico in cui si svolge, in modo volutamente dissacrante, la scena dell’amore negato e svilito. Alla fine Emilia Marty, fragile e ubriaca, svelato il mistero e indossato il visone in un disperato tentativo di sfuggire al gelo della morte, s’inabissa nella piscina - ade hollywoodiana - mentre la giovane Kirsta, ammiratrice e potenziale replicante della primadonna, distrugge la formula e si addormenta rinunciando alla gloria e all’immortalità.
Emilia Marty , polo di attrazione a cui tutti convergono, è stata interpretata con grande intensità da Angela Denoke, che ha delineato un personaggio rassegnato e solo, divorato al suo interno, privilegiando l’aspetto doloroso e crepuscolare, anziché evidenziarne l’antipatia ed il cinismo. Ottima attrice, dal canto più lirico che drammatico, ha dato una buona prova vocale rivelando particolare attenzione al declamato e alla singola parola.
Buon attore, ma un po’ debole vocalmente, Charles Workman nel ruolo del passionale Albert Gregor. Ottimo e insinuante Vincent le Textier, barone Prus, arrogante e lascivo. Da segnalare Karine Deshayes, una Kirsta intensa e di bella voce. Ryland Davies nella parte di Hauk Sendorf, rende con giusta caratterizzazione e simpatia il vecchio innamorato demente. David Kuebler è Vitek, perfetto burocrate pigolante e vuoto. Per concludere Ales Briscein nella parte del fragile Janek e Paul Gay in quella dell’avvocato Kolenaty.
Il giovane ceco Tomas Hanus ha diretto l’orchestra dell’Opéra de Paris con intensità crescente, privilegiando sonorità forti e impetuose, non sempre sotto controllo, alternate a momenti di straniante asprezza. Ne è risultata una lettura varia e coinvolgente, di forte tensione, che è esplosa nel vorticoso e lancinante finale.
Una produzione riuscita e coerente che ha incontrato i favori di pubblico e critica.
Visto a Parigi, Opéra Bastille, il 4 maggio 2007
Ilaria Bellini
Teatro