Teatro

Pirovano: ''La mia energia per il teatro di Fo''

Pirovano: ''La mia energia per il teatro di Fo''

Salutato come l'erede artistico del grande Dario Fo, Mario Pirovano, dall'altro ieri a Piacenza per tenere un laboratorio teatrale dedicato ad aspiranti attori di età compresa fra i 16 e i 26 anni, sarà l'assoluto protagonista della pièce Johan Padan a la descoverta de le Americhe, firmato da Fo che già da alcuni anni Pirovano porta nei teatri di tutta Italia e che il pubblico piacentino vedrà stasera alle 21.30 a Palazzo Farnese per la rassegna Lultimaprovincia non senza aver prima assistito ad un piccolo saggio degli allievi del laboratorio.

Abbiamo chiesto al carismatico attore-affabulatore qualche cosa di più in merito allo spettacolo che tenta di riscrivere una pagina di storia partendo dal basso, dal volgo, da quella schiera di uomini che non compaiono nei libri di memorie ufficiali: Johan Padan infatti è un avventuriero, un povero diavolo che, suo malgrado, si trova coinvolto in uno dei rari fatti epocali della storia dell'umanità, la scoperta del nuovo continente.

Signor Pirovano come mai la scelta per «Lultimaprovincia di «Johan Padan»? È una decisione correlata agli argomenti svolti nel corso del laboratorio?
«In parte sì, ma anche una scelta maturata insieme alla direzione artistica, non da ultimo in ragione della sua grande attualità. La vicenda di Johan Padan parla infatti di un'Europa flagellata dalle guerre, dalle carestie e dalle pestilenze, e di popoli che partono alla ricerca di nuove terre».

Nel laboratorio lei propone un approfondimento dedicato al linguaggio giullaresco riscoperto da Fo, il grammelot: differenze linguistiche tra il «Johan Padan» e, ad esempio, il «Mistero buffo»?
«Enormi: nel "Johan Padan" ci troviamo di fronte ad una vera e propria lingua internazionale, la mescla, un idioma messo a punto dai marinai a cavallo del '500 per comunicare con popoli di tutte le razze e nazionalità. Il grammelot (impasto dialettale con frequenti incursioni onomatopeiche utilizzato anche dai Comici dell'Arte, ndr) è in parte una lingua inventata, in parte cifrata, ovviamente data l'esigenza del giullare di non essere denunciato alle autorità, in cui la mimica facciale e la gestualità giocano un ruolo fondamentale».

Cosa mira a realizzare attraverso questa intensa tre-giorni di lavoro con giovani aspiranti attori?
«Ho notato con mia grande sorpresa che sono giovanissimi! Ciò che intendo offrire loro sono alcuni rudimenti, alcune nozioni che non serviranno esclusivamente in contesto teatrale ma anche nella vita: come muoversi, interagire, porsi, capire quando chi ci sta davanti mente, tenere testa ad una persona adulta, come diventare credibile attraverso l'uso della voce e del corpo».

Cosa si sente di consigliare a chi, fra i numerosi iscritti al suo laboratorio, intendesse intraprendere la carriera di attore?
«Partendo dalla mia personale esperienza consiglio loro di tentare in tutti i modi di entrare in una compagnia, prestandosi a svolgere qualunque lavoro e mansione, l'importante è essere parte della compagnia, respirare il teatro, assistere alle prove, solo così è possibile apprendere davvero, "rubare" il mestiere».

La critica loda spesso da un lato la sua capacità di rispettare fedelmente il modello di Fo, dall'altro il suo talento nel creare un approccio originale ed autonomo al testo. In cosa consiste dunque il suo personale contributo?
«Nell'interpretare Fo il più fedelmente possibile. Personalmente credo molto in questa forma di teatro, capace di grande comunicativa e attualità. Rimaneggiare la regia di un lavoro di Fo significa compromettere il magico equilibrio di un meccanismo perfetto: da questo punto di vista ho ereditato il frutto di un lavoro di limatura e pulitura attuato dallo stesso Fo nel corso di svariati anni di repliche. L'unica diversità sta dunque nella mia energia, conforme alla mia fisicità e proveniente dal mio carattere. L'imitazione in teatro non funziona, va bene solo per la tv o il cabaret».

Dario Fo ha trovato nelle quinte architettoniche di Castellarquato un set particolarmente azzeccato per il suo «Mistero buffo». Come si è trovato lei fra le mura cinquecentesche di Palazzo Farnese, guardacaso "coetanee" all'epoca storica delle grandi scoperte in cui si colloca il «Johan Padan»?
«Mi sono trovato in una cortina scenica eccezionale; non ci sarà nemmeno bisogno di scenografia».

Per la cronaca partecipano al laboratorio di Pirovano: Flavia Matarrese, Olga Chiesa, Laura Cordani, Simone Negro, Marianna Galeazzi, Jacopo Di Nuzzo, Marta Malinverni, Lorenzo Fassina, Giulia Guardiani, Marta Bettera, Giulia Buvoli, Davide Bombini, Giulia Russo, Matteo Brusamonti, Anna Bonocore, Valentina Frontini, Paola Bonino, Micaela Gentile, Rossella Calore e Maria Giovanna Zurla.

Di Alessandra Gregori