Classica

Quando suona Campanella

Quando suona Campanella

Michele Campanella seduce e conquista il numerosissimo pubblico romano accorso alla Sapienza per un concerto irripetibile.

Una serata con Michele Campanella è sempre un appuntamento imperdibile e il pubblico romano ha risposto in massa alla proposta dell’Istituzione Universitaria dei Concerti della Sapienza, anche per festeggiare i cinquanta anni di attività di uno dei pianisti più apprezzati. Come di consueto Michele Campanella ha introdotto il concerto con una illuminante illustrazione dei brani in programma il cui centro di gravità per l’occasione è Quadri da un’esposizione di Modest Musorgskij.

La genesi dell’opera è ispirata a una mostra commemorativa dei lavori del pittore Viktor Hartmann, morto in giovane età e amico del compositore. Si tratta di un suite di quindici brani, spesso assai diversi tra loro, che prendono il titolo dei quadri “raccontati”, legati dal filo rosso di una riconoscibilissima promenade che si ripete con lo stesso tema più o meno variato per cinque volte.

L’opera, vero manifesto dell’anima russa dell’epoca, è popolarissima, anche per le numerose trascrizioni per orchestra che ne sono state fatte, ma la lettura pianistica è quella che maggiormente seduce e che la colloca in uno snodo centrale della storia della musica. Il nostro pianista ci fa notare come siano evidenti i debiti del compositore verso l’opera di Schumann e di Liszt e come questo lavoro, abbandonando gli stilemi romantici, introduca il pianismo percussivo del Novecento.

La lettura di Campanella è energica e seducente, ci ricorda che il nostro è un interprete listziano di riferimento, il volume del suono è alto, i contrasti accentuati, le promenades non hanno il passo leggero e l’ultimo quadro, La grande porta di Kiev, sembra proprio la tappa conclusiva di un viaggio sensoriale. Nella prima parte della serata Michele Campanella ha proposto Papillons. Dodici pezzi per pianoforte op. 2 di Robert Schumann, Racconti della vecchia nonna op. 31 di Sergej Prokof’ev e Otto novellette op. 21di Robert Schumann.

I brani sono stati eseguiti senza interruzione, come se fossero un’unica opera. Il risultato è sorprendente, in Papillons siamo di fronte a brevi, talvolta brevissimi, brani slegati dettati più da un’urgenza espressiva che da un vero e proprio programma che invece appare nelle Otto Novellette, più strutturate e mature. In mezzo i Racconti di Prokof’ev, nello stile descrittivo delle atmosfere di Pierino e il lupo, sembra che con un antesignano ritorno al futuro contribuiscano all’evoluzione del linguaggio schumaniano. Il collage risulta sorprendentemente organico e progressivo, con Campanella c’è sempre da imparare. Pubblico entusiasta e due apprezzatissimi bis, un Momento musicale di Schubert e un Acrobatico scherzo di Mendelssohn.