Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini sono gli attesi protagonisti dell’unica data in Umbria di ROMOLO IL GRANDE, in scena lunedì 15 dicembre, alle 21, al Comunale di Gubbio.
La regia è di Roberto Guicciardini che dirige per l’occasione un numeroso cast formato anche da Liliana Massari, Antonio Fornari, Roberto Pappalardo, Francesco Cutrupi, Norma Martelli, Francesco Frangipane, Luciano D’Amico, Alfredo Troiano, Francesco Sala, Luciano D’amico, Lorenzo Praticò, Virgilio Zernitz, Davide D’antonio, Lorenzo Praticò, Davide D’antonio, Alfredo Troiano.
Romolo il grande è uno dei lavori teatrali di Dürrenmatt più comici e insieme più pessimistici. Scritto nel 1949 è stato più volte rielaborato dall’autore fino all’edizione definitiva del 1964.
“Commedia storica storicamente inverosimile”, rappresenta il tardo impero romano alla vigilia della sua caduta.
Situazioni comiche e satira amara si incrociano verso un epilogo inaspettato. Alla testa dell’impero c’è un uomo che non vuole più corrispondere alle aspettative e alle richieste di dominio di Roma: un pazzo che alleva galline, un burattino apparentemente rimbambito, disprezzato da tutti per la sua manifesta debolezza nel comando.
In realtà, la maschera del pazzo è solo una simulazione e serve ad esprimere il suo rifiuto; Romolo vuole il declino del mondo nel quale vive perché non crede più negli ideali di tale mondo e non vede che il loro rovescio e i crimini con i quali essi vengono favoriti.
Un mondo che era riuscito a sopravvivere basandosi sull’ideale di uno stato autoritario, facendo leva sull’oppressione e la violenza
Come si legge in “Questioni di teatro”, Dürrenmatt rappresenta un mondo grottesco. Il grottesco è “…paradosso sensibile, la forma cioè di un’assenza di forma, il volto di un mondo senza volto….”, paradosso che non può più essere superato agendo e trasformando, come auspicava Brecht con la sua drammaturgia, ma può solo essere sofferto e sopportato.
Romolo appare “grande” poiché è l’unico ad aver riconosciuto il carattere grottesco della realtà e ad essersi deciso a recitare il ruolo di clown a occhi aperti in questo universo del grottesco.
Deriso e disprezzato da tutti per la sua apparente imbecillità, agli occhi di Dürrenmatt egli diventa una figura non priva di una sua grandezza tragica: la decisione che gli si richiede egli la vive “come un momento spaventoso, come l’aprirsi di un baratro”: “Per me il mondo se ne sta lì come un mostro, come un enigma rispetto al male che deve essere sopportato e dinanzi al quale però non può esservi capitolazione”.
Quest’ideale di eroismo veramente stoico si propone al pubblico in maniera molto divertente: l’idea centrale della commedia, quella dell’eroe misconosciuto da tutti nella sua vera grandezza, viene esposta facendo uso di gags cabarettistiche e di esagerazioni grottesche, in un linguaggio insieme espressivo e di grande effetto.