Torna sulle scene romane uno spettacolo che è un pezzo di storia del teatro italiano, una pièce che ha attraversato gli ultimi 65 anni dell'allestimento di prosa peninsulare e che è entrato nel Guinness dei primati: "Arlecchino servitore di due padroni".
Arriva a Roma domani 04 dicembre e sarà in scena fino al 16 nella splendida cornice del Teatro Argentina lo spettacolo “Arlecchino servitore di due padroni”, scritto da Carlo Goldoni, firmato da Giorgio Strehler e (ri-)messo in scena da Ferruccio Soleri che, da oltre 50 anni interpreta il ruolo principale dello spettacolo, quello che da il titolo alla famosa pièce.
Soleri lo interpreta dal 1961, quando prese il posto del suo maestro, Marcello Moretti, il quale interprete originario del ruolo fin da quel 1947 anno di debutto dello spettacolo voluto da Strehler e dal Piccolo Teatro di Milano, morì.
Attore di straordinaria agilità fisica e duttilità interpretativa, Soleri venne scelto da Giorgio Strehler nel 1959 come sostituto di Marcello Moretti per il ruolo di Arlecchino per dare il cambio a Moretti una volta alla settimana. Lo sostituì definitivamente alla sua scomparsa.
L’83enne Ferruccio Soleri è l’attore della più lunga performance di teatro nello stesso ruolo (ben 51 anni) in uno spettacolo che da 65 anni conquista le platee di tutto il mondo. Nel 2010, l’interprete e regista fiorentino viene iscritto nel libro del “Guinness dei primati” per la più lunga performance di teatro nello stesso ruolo.
E’ uno degli appuntamenti di prestigio della stagione teatrale della capitale proposta dal Teatro di Roma, l’Arlecchino di Strehler/Soleri, un’opera di intrattenimento, comica e divertente. viene proposta offrendo al pubblico l’occasione di rivedere, o di vedere per la prima volta, un autentico capolavoro della drammaturgia peninsulare di tutti i secoli e uno dei pezzi forte della scena italiana del ‘900, un spettacolo che da 65 anni conquista le platee di tutto il mondo. Un successo che si è rinnovato nel corso delle tante riprese dell’allestimento, che ha collezionato dal 1947 ad oggi oltre 2800 recite, la maggior parte delle quali con Ferruccio Soleri nei panni della popolare maschera veneziana.
Ad accompagnare in scena l’83enne maestro toscano si sono gli attori Giorgio Bongiovanni, Francesco Cordella, Leonardo De Colle, Alessandra Gigli, Stefano Guizzi, Pia Lanciotti, Tommaso Minniti, Katia Mirabella, Fabrizio Martorelli, Stefano Onofri, Annamaria Rossano (il 6, 7 13 e 16 dicembre, Soleri verrà sostituito nel ruolo da Enrico Bonavera, altro attore italiano bravo nel ruolo di Arlecchino).
E i suonatori Leonardo Cipiani, Francesco Mazzoleni, Elisabetta Pasquinelli, Emanuele Piccinini, Celio Regoli.
Le scene sono di Ezio Frigerio (scenografa collaboratrice: Leila Fteita), i costumi sono di Franca Squarciapino, le luci di Gerardo Modica, le musiche di Fiorenzo Carpi, i movimenti mimici di Marise Flach.
Le maschere sono state create da Amleto e Donato Sartori, con la collaborazione di Stefano De Luca.
La storia di "Arlecchino servitore di due padroni", diceva Giorgio Strehler, è “memoria vivente…Arlecchino è sempre uguale e sempre diverso…è libero dal tempo che passa”.
Come un inarrestabile fiume in piena la commedia scivola via tra giochi, burle, lazzi, bisticci, intrighi, malinconie e trepidazioni, raccontata con il malizioso, tenero sorriso della maschera più famosa al mondo, con la sua allegra brigata di comici e musici. Un’avventura teatrale unica e irripetibile che incanta perché è quella di sempre. Una piccola “storia del teatro” vivente che, da più di 60 anni, con strepitosa vitalità, conquista spettatori di ogni età e Paese. Raccontata con il malizioso, tenero sorriso della maschera più famosa al mondo che, con l’allegra brigata dei suoi comici e musicisti, sempre, fa capolino.
Lo spettacolo è una produzione del Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa
"Il servitore di due padroni" (questo è il titolo originale della pièce) è una delle più celebri commedie di Carlo Goldoni, scritta nel 1745, epoca in cui l’autore veneto viveva a Pisa. A 38 anni, nel pieno della sua attività di avvocato, il Veneziano pensava di avere chiuso con la vecchia ed amata passione, la commedia, ed invece uno degli attori da lui più apprezzati (nel 1738 aveva visto il Truffaldino Antonio Sacchi recitare una sua commedia, "Le 32 disgrazie d’Arlecchino" al Teatro San Samuele di Venezia), lo trasse in tentazione!
Scrisse dunque di notte, pensando di dar lustro al pregiato interprete che, come da regolamento dell’Arte comica all’improvviso, era noto col nome del personaggio che interpretava più di frequente, cioè Truffaldino (al secolo Antonio Sacchi che, all’epoca, era un eccellente attore della compagnia Imer, il quale riusciva a recitare magnificamente su improvvisazione). E così la commedia, che ha per protagonista il servo Truffaldino, venne replicata con grande successo a Milano e a Venezia.
In sintonia con la tradizione della Commedia dell'Arte, Goldoni scrisse l'opera (“A riserva di tre o quattro scene per Atto, le più interessanti per le parti serie”, come rivela l’autore nella prefazione “L’autore a chi legge” redatta per l’edizione Paperini del 1753) in forma di canovaccio per Antonio Sacchi. In seguito Goldoni vide l’opera rappresentata da altri attori e, non riscontrandovi lo stesso spirito improvvisatore e la stessa godibilità suscitata dal Truffaldino Sacchi, decise di scrivere per intero le varie parti, così come voleva la sua graduale riforma.
Due secoli dopo, nel 1947, Giorgio Strehler (Trieste, 1921 – Lugano, 1997) allestisce e debutta il 24 luglio, al Piccolo Teatro di via Rovello a Milano (inaugurato il 14 maggio dello stesso anno) con lo spettacolo “Arlecchino servitore di due padroni” creando (non ancora consapevole!) un pezzo fondamentale della storia del teatro italiano, dando principio a quello che sarebbe diventato un record e dando luogo a una mitologia intorno a quello spettacolo e ai suoi interpreti. Il primo di essi fu l’apprezzato Marcello Moretti (Venezia, 1910 – Roma, 1961).
Il cambio del titolo e, di conseguenza, del nome del personaggio principale venne fatto da Strehler in funzione della tournée internazionale che lo spettacolo di lì a poco avrebbe intrapreso, ben sapendo che il nome di Arlecchino, data la sua notorietà, avrebbe richiamato più pubblico che non con il nome originario di Goldoni e, tutt'ora, è lo spettacolo che più di ogni altro porta nel mondo i fasti del teatro italiano.
Ferruccio Soleri (Firenze, 1929), arrivato al Piccolo Teatro nel '57, studiò da Arlecchino con Moretti e durante la tournée americana, il 28 febbraio 1960 a New York, lo sostituì per la prima volta. Moretti scomparve nel '61 e quando Strehler due anni dopo riprese lo spettacolo chiamò Soleri, che da allora è Arlecchino.
P.S.: Per chi non lo sapesse, le maschere di Truffaldino e di Arlecchino rappresentano personaggi simili (sebbene non perfettamente uguali), trattandosi in entrambi i casi di servi combina guai.
La fama di Arlecchino è più estesa. La leggenda vuole che, durante il periodo rinascimentale, un servo di nome Giovanni, nato in una valle bergamasca e pertanto detto Zanni (deformazione dialettale del nome - da cui presto derivò il nomignolo "zanni" riferito ai servi nella Commedia dell'Arte) era così bravo nell'intrattenere comicamente gli ospiti dei suoi padroni che ben presto ottenne la libertà di darsi all'arte recitativa. Andò in Francia, dove ottenne grande successo. Il personaggio dello "zanni" si diffuse e, sopratutto, si fuse con la tradizione nordica/germanica del personaggio demonico Hellequin. Da qui deriva il nome Arlecchino e le sue prime raffigurazioni dal volto scuro e dai colori tendenti al rosso e al nero. E la sua origine comune italica + germanica è all'origine della sua precoce e continuativa fortuna anche all'estero.
Questo lo differenzia anche da altri servi astuti combinaguai, come ad esempio il più italiano Truffaldino.
Al centro della commedia di Goldoni, diretta da Strehler e riallestita da Soleri c’è Arlecchino, servo di due padroni, che, per non svelare il suo inganno e per perseguire il suo unico intento, ovvero mangiare a sazietà, crea equivoci e guai.
La commedia si apre a Venezia in casa di Pantalone de' Bisognosi, anziano mercante che sta assistendo alla promessa di matrimonio tra sua figlia, Clarice, e Silvio, figlio del Dottor Lombardi. I due sono innamorati e stanno per promettersi, forti del fatto che Federigo Rasponi, agiato torinese a cui Clarice era destinata, è morto in una lite a causa della sorella di lui, Beatrice.
Alla promessa assistono Smeraldina, giovane serva in casa di Pantalone e Brighella, locandiere che fa da testimone. Inaspettatamente, nella scena irrompe il servo Arlecchino, venuto per annunciare il suo padrone, cioè Federigo Rasponi, venuto in Venezia per incontrare la sua futura sposa. In realtà, sotto le mentite spoglie di Federigo si cela Beatrice Rasponi, sorella del defunto, in vesti da uomo, venuta per riscuotere ingannevolmente i soldi della dote in modo tale da poter poi aiutare Florindo Aretusi, suo amante fuggito a Venezia in seguito al colpo mortale inferto proprio a Federigo e che lei sta inseguendo.
Neanche Arlecchino sa nulla riguardo alla vera identità del suo padrone. Il suo unico obiettivo è riempire la pancia, essendo perennemente tormentato dalla fame e dall'ingordigia. Nell’attesa del padrone, che trascura gli orari del pranzo e lo lascia spesso da solo, si trova a passeggiare di fronte alla locanda di Brighella e decide di servire un altro padrone, Orazio Ardenti, falso nome sotto cui si cela invece Florindo Aretusi.
Federigo/Beatrice e Orazio/Florindo, vittime delle bugie, dell'ingordigia e della scaltrezza dell'abile servitore, si ritrovano alloggiati nella locanda di Brighella in cerca l'uno dell'altro. Per svincolarsi da situazioni critiche, Arlecchino crea guai su guai. Per non farsi scoprire, addossa tutte le responsabilità su un fantomatico Pasquale, servo di Beatrice Rasponi (che lui non sa essere la vera identità del suo padrone, ma di cui aveva letto il nome su di una lettera ritirata alle poste su indicazione di Federigo e che invece, maldestramente, lui aveva consegnato a Orazio/Florindo).
Arlecchino soffre la fame, mente, corteggia, ama, finge di saper leggere, serve due padroni in stanze diverse della stessa locanda, pasticcia la trama e la risolve. La finzione di Arlecchino porta al culmine l'imbarazzo nel momento in cui egli scambia il contenuto di due bauli, uno di Federigo/Beatrice e l'altro di Orazio/Florindo. Il servitore deve giustificare a Beatrice come mai sia entrato in possesso di libri che appartengono a Florindo. A quest'ultimo, viceversa, Arlecchino deve spiegare perché ha con sé un ritratto di proprietà di Beatrice. La scusa che Arlecchino racconta ad entrambi è quella di avere ereditato questi oggetti da un precedente padrone defunto.
Quando la situazione sembra irrimediabile, Arlecchino riesce a risolvere ogni cosa. Il servo scaltro si svela solo per amore della servetta Smeraldina. I due padroni innamorati, Beatrice e Florindo, si “ritrovano” e si promettono le nozze, Clarice e Silvio anche, Truffaldino e Smeraldina, in casa di Pantalone, ottengono il permesso di sposarsi da parte dei rispettivi padroni. Sì, ma qual è il padrone di Arlecchino: Beatrice o Florindo? L’inganno è presto svelato, Arlecchino è svergognato e, come nella più classica delle commedie, arriva, quindi, il lieto fine.
Orario rappresentazioni:
martedì, mercoledì e venerdì ore 21.00
giovedì e domenica ore 17.00
sabato ore 19.00
(nei giorni 6, 7, 13 e 16 il ruolo di Arlecchino sarà interpretato da Enrico Bonavera)
Durata: 3 ore con due intervalli