Uno sperttacolo coinvolgente, prodotto dallo stesso CTB e firmato da Daniele Salvo, che, in collaborazione con lo scenografo Alessandro Chiti, ha ricreato una Londra cupa e fumosa, tra il neogotico e l’espressionista.
Mito senza tempo, archetipo della letteratura contemporanea, la figura del dottor Jekyll è da oltre cento anni simbolo dell’ambiguità della natura umana, dell’inscindibile convivenza tra bene e male.
Hyde, l’uomo libero
Fabrizio Sinisi, drammaturgo residente del Centro Teatrale Bresciano, ha realizzato una riscrittura teatrale che, scavando tra le pieghe del romanzo di Robert Louis Stevenson, lo ha illuminato di una luce nuova, proiettandolo nella contemporaneità ed accentuando le contraddizioni del protagonista. Jekyll è sì lo scienziato filantropo, integerrimo, che ambisce alla costruzione di una città dell’umanesimo, ma allo stesso tempo è anche l’uomo d’affari che si rende conto che per realizzare i suoi progetti è costretto a confrontarsi con un capitalismo che, nonostante i buoni propositi, non può essere dal volto umano. Jekyll si ritrova quindi semplice ingranaggio di una società che, in nome dell’interesse, tende a spersonalizzare l’individuo, ad addomesticarlo, anestetizzandone le emozioni.
Hyde, invece, è la liberazione da tutto ciò: l’azione dettata dall’emotività che Jekyll è costretto a reprimere. Ed infatti scopriamo che i due omicidi di Carew padre e figlio non avvengono in modo gratuito, ma in seguito ad accese discussioni di Jekyll con le vittime. Hyde quindi, nel suo essere “braccio violento” di Jekyll è l’unico vero uomo libero, padrone dei propri istinti e delle proprie azioni e non sottomesso alle convenzioni sociali.
Spettacolo di grande impatto visivo
Tutto questo è stato tradotto sulla scena da un coinvolgente spettacolo, prodotto dallo stesso CTB e firmato da Daniele Salvo, che, in collaborazione con lo scenografo Alessandro Chiti, ha ricreato una Londra cupa e fumosa, tra il neogotico e l’espressionista, scolpita dalle luci radenti di Cesare Agoni.
Il ritmo quasi cinematografico che il regista imprime alla rappresentazione prevede l’alternanza di scene di grande potenza visiva a momenti più raccolti ed intimisti che avvengono a proscenio, a sipario calato. La scenografia quindi non svolge solo una funzione decorativa, ma, come spesso avviene negli allestimenti di Salvo, diventa elemento espressivo per coinvolgere emotivamente lo spettatore.
Tra i molti i momenti che rimangono impressi per la loro potenza visiva spiccano il funerale, l’apparizione degli angeli della morte, l’onirico ballo in maschera, o il banchetto finale in cui la luce riverbera sul bianco abbacinante della tovaglia.
Gli oltre venti personaggi che animano la vicenda vengono interpretati da sette attori che, grazie all’uso di maschere, ricoprono tutti i ruoli. Ma la maschera non è solo un espediente teatrale, rappresenta anche la perdita dell’individualità, l’assoggettamento alle regole sociali, ed infatti l’unico a non indossarla è Hyde. Il cast è dominato da Luca Micheletti, che nel doppio ruolo di Jekyll e Hyde dà prova di una tecnica eccellente e di un versatilissimo strumento vocale che gli consente di cesellare ogni singola sfumatura dell’ambiguo personaggio. Al suo fianco gli ottimi Carlo Valli, Gianluigi Fogacci, Alfonso Veneroso, Selene Gandini, Simone Ciampi, Elio d’Alessandro.