Prosa
SABBIA

Nella sabbia la vita e l'amicizia

Michele Pagano
Michele Pagano

Un uomo solo si trova sul palcoscenico, un intensissimo Michele Pagano, che diventa una storia che egli stesso ha partorito e via via modificato nel tempo.

Un uomo solo si trova sul palcoscenico e diventa una storia che egli stesso ha partorito e via via modificato nel tempo, in seguito a riflessioni sia autonome, sia indotte dall'interazione con il pubblico e con i suoi stessi personaggi, quelli con cui ha parlato per anni; la scena stessa si è trasformata, durante un decennio di repliche, che l'hanno vista dapprima interpretare fisicamente gli spazi e le suggestioni del racconto, poi man mano scomparire con un'operazione di riduzione dai molteplici significati.

Si potrebbe dire che questo assottigliamento della presenza di elementi in scena segua infatti lo stesso percorso grotowskiano dell'incarnazione dell'attore: il teatro è questo legno in terra e l'attore. Ed è quindi sopratutto grazie al daimon nel corpo e nella mente di un intensissimo Michele Pagano, che in scena abbiamo visto tutto il film.

Un film a occhi aperti

Il termine non sembri improprio: se parliamo di film è perché l'essenzialità e le capacità dell'attore/autore, che interpreta tutti i personaggi, trasformano il racconto in uno schermo sul quale gli occhi vedono ogni cosa che non c'è: un tombino verde, le porte di un campetto di calcio nella piazza del paese, la finestra dalla quale spiare ragazze con fremiti adolescenziali, ogni cosa scorre con vividezza anche cromatica, come in un film di Giuseppe Tornatore in cui risalta la poesia del coraggio e dell’emancipazione ma anche quella della paura e della fragilità, in mezzo ai suoni del paese che sono musica scandita; gli anni attraversati per giungere all'essenza di questa ultima edizione di Sabbia hanno proprio il sapore di un balzello diagogico pagato per attraversare il fiume. Senza dubbio ottimamente speso.


Sono Luigi Tenco (“Lontano lontano”), Vinicio Capossela (“Suona Rosamunda”), poi Nino Rota, Nada e soprattutto atmosfere musicali degli anno '80 a scandire i passaggi musicali di una storia che racconta i decenni di amicizia fra due ragazzi che nella loro educazione sentimentale e quotidiana affrontano molti temi comuni a ciascuno degli spettatori, circostanza che rende inevitabile un'alta dose di adesione e riconoscimento di sé, che davanti allo spettacolo diventa persino propriocettivo.

Tutto trova la sua sorgente nel tema del calcio, intorno al quale si incentra la crescita dei due amici, scandendo anche il tempo della narrazione in funzione del calendario dei Mondiali, di 4 anni in 4 anni. Dalla mitologia del campione con la finale del 1982 a quella che per loro è una vera e propria epopea locale e simbiotica: per loro tutto è un campo di gioco, anche lo spogliarello di Irina da spiare alla finestra, e ne é simbolo l'attribuirsi di entrambi della funzione di capitano, nella squadra del paese.


Bisogna saper perdere

L'amicizia viene accompagnata fino alla fine, senza risparmiare confini temporali o interiori, anche grazie al testo e alle scelte dell'autore riguardo al linguaggio: una scrittura nata in principio appositamente sgrammaticata, scarna, dura, e resa con un dialetto che nel corso delle riedizioni ha acquisito quasi per conto proprio un'inflessione prevalentemente siciliana, nella quale tuttavia appaiono forme e modi calabresi e in generale del sud; ed anzi nemmeno è un vero dialetto, quanto piuttosto una necessaria cadenza, scelta per la musicalità e per il ritmo che conferisce al fluire delle immagini.

Con il notevole dispendio fisico e psicologico di un'ottima auto-direzione, fra effetti accelerati e rallentati particolarmente efficaci, lettere d'amore scritte con le parole del Vangelo, mondiali di calcio che assurgono a simbolo della pace nel mondo, nello spettacolo si percepisce un unicum di scrittura, dramma e personaggi. E soprattutto, arrivano i messaggi di quell'agente formativo primario e insostituibile che è l'amicizia: bisogna saper perdere, dal pallone alla donna, e talvolta bisogna saper giocarsi tutto ai rigori.

Visto il 19-01-2019
al Officina Teatro di San Leucio (CE)