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TEMPI NUOVI

Storia di una famiglia nei “tempi nuovi”

Tempi nuovi
Tempi nuovi

Il nuovo testo di Cristina Comencini rivela una drammaturgia semplice, anche troppo lineare. Buone le prove di Maurizio Micheli e Iaia Forte.

Tempi nuovi, commedia scritta e diretta da Cristina Comencini, è la storia di una famiglia alle prese con i rapidi cambiamenti del nostro tempo che sconvolgono la vita di quattro personaggi (un padre, una madre e i loro due figli), facendoli scontrare con le contraddizioni di un’epoca in cui rimanere connessi sembra l’atteggiamento essenziale a garantire la sopravvivenza.

Tradizione e nuove tecnologie: un ribaltamento di ruoli

Nella prima mezz’ora il pubblico assiste a una spassosa lezione di informatica condita con la storia, tra Giuseppe (Maurizio Micheli) - uno storico che vive circondato da migliaia di libri e ha un pessimo rapporto con la tecnologia - e il figlio Antonio (Nicola Ravaioli), un ragazzo del suo tempo che vive con leggerezza, “turnandole”, le proprie relazioni sociali, ma ha bisogno della memoria storica del padre quando si tratta di svolgere una ricerca sulla Resistenza. La notizia di Clementina (Sara Lazzaro), la figlia maggiore della coppia, in attesa di un bambino con un’altra donna concepito rivolgendosi a una banca del seme, mette a dura prova la mentalità aperta della madre Sabina (Iaia Forte), mentre Giuseppe reagisce con inaspettata disinvoltura alla novità.

Nel corso dello spettacolo i ruoli si ribaltano: Giuseppe è protagonista di un’evoluzione che lo conduce ad assumere l’identità social di Ciclamino9, un individuo sempre connesso e perfettamente integrato nei “tempi nuovi”; Sabina, invece, si rivela l’orgogliosa depositaria della storia familiare, difendendo la tradizione degli album fotografici di famiglia.


Drammaturgia semplice, concetti efficaci

Il nuovo testo di Cristina Comencini rivela una drammaturgia semplice, anche troppo lineare, se non fosse per il ribaltamento dei ruoli in corsa, sottolineato da una scenografia realizzata con scaffali dapprima stracolmi di libri, in seguito completamente svuotati.

La brevità della pièce sembra limitare, senza tuttavia intaccarla, l’abilità istrionica di Maurizio Micheli, che trasmette comunque con immediatezza concetti importanti e, spesso, distanti nel tempo, come memoria storica e nuove tecnologie. Analogamente, Iaia Forte riesce a incarnare sul palcoscenico il prototipo della donna emancipata e al passo coi tempi, che però non rinuncia all’importante fardello delle responsabilità familiari e del senso di conservazione delle tradizioni trasversali a qualunque epoca.

Molto apprezzata, infine, la scelta di sottolineare i cambi scena con il refrain strumentale di Ci vuole un fiore, di Sergio Endrigo: a conferma del fatto che alla base dei grandi cambiamenti, nella Storia e nella società, c’è sempre qualcosa di semplice.

Visto il 09-02-2019
al Manzoni di Milano (MI)