Prosa
7 14 21 28

I numeri di Rezza e Mastrella

I numeri di Rezza e Mastrella

Non chiamiamole scenografie: sono habitat quelli che Flavia Mastrella crea sulla scena. Grossi giocattoli dove Antonio Rezza  si infila, salta, con cui gioca, incentando parola, facendo sorgere situazioni sceniche, legando spezzoni di shetch di tantissime, sempre con il suo ormai solito disprezzo per il pubblico.
Ma non chiamatelo attore: è un performer che somiglia solo a sé stesso.
 

In 7 14 21 e 28 Rezza contiene la sua spinta provocatoria: il che non impedisce frasi lancinanti (“Credete di essere indispensabili?) e sarcasmi nel sollecitare, a tratti, quel fenomeno quanto mai utile e interessante che è il fastidio del pubblico.

L’habitat di Flavia è concepito come un ideogramma cinese, con un’altalena che sottolinea il tema portante dell’impianto scenico che è l’instabilità e l’equilibrio; oltre a questo, un velo da sposa, drappi rosso sangue, rotanti, reti- bozzoli, corde, spaghi, lenzuola che sono il pretesto per le performance di Antonio che reitera parole e prolunga il pensiero con gesti senza omettere nevrosi, tic, ossessioni nostre consuete.

Così, l’altalena è il luogo dove si trovano un padre e un figlio, nella tristezza del week end obbligato. Il datore di lavoro manda l’apprendista da tale Angeloni, e di lì a poco, sotto un velo bianco, due sposi nel giorno del matrimonio: i loro volti sono deformati e loro non riescono a guardarsi negli occhi. Si va al sole da soli, con occhiali “da solo”,in un gioco di parole che dalla crema solare riconduce all’abbandono.

Non si risparmia la chiesa, con il prete pedofilo che rincorre la vittima: e ancora Desdemona e Otello, l’attesa in ospedale, una famiglia fatta di numeri che diventano le parole strane di un gioco, di una conta, di una gara di esclusione. Nessun compiacimento è possibile per il pubblico: “Qui non si racconta la storiella della buonanotte, qui si porge l’altro fianco. Che non è la guancia”.

Visto il 09-04-2011
al Teatri di Vita di Bologna (BO)