Musical e varietà
ACOUSTIC NIGHT 15 - ITALIAN AMERICANS

Italian Americans

Italian Americans

Quest’anno, sul palco di Acoustic Night, va in scena l’America. Non gli Stati Uniti, quelli che trovi sulla carta geografica: l’idea di America come orizzonte di speranza, come meta di quei molti che, all’inizio del secolo scorso, erano sbarcati in compagnia del proprio sogno di ricominciare.

Coerente nel suo dinamismo e fiera della propria pluralità, anche stasera l’America non si presenta pacificata in un concorde unisono: osservandola con attenzione, possiamo vederla animarsi del giocoso contrasto tra due distanti eppure inscindibili melodie.

La prima voce che ci parla d’America, scanzonata e divertita, è quella delle chitarre di Frank Vignola e Vinny Raniolo. Così ogni virtuosismo, accompagnato da meritati applausi, è eco di libertà, di un nuovo progetto. Così ogni elegante passaggio di stile e di genere non è che un preludio alla prossima sfida.
C’è anche, però, una seconda voce, quella di Kathy Mattea: ora robusta, ora sottile, dal timbro caldo ed espressivo. Accompagnata da Beppe Gambetta, e talvolta anche dal cantautore Jon Vezner (marito della Mattea), canta l’angoscia, la paura. Paura che l’America sia troppo grande e spietata per un sogno tanto rabbioso quanto fragile, forse ingenuo.

I musicisti suonano insieme, ma si ha la sensazione che sia sempre una soltanto delle due voci, a turno, a rivolgersi agli spettatori. Fino a quando Gambetta racconta al pubblico lo splendido quadro di scena, opera di Segio Bianco. Rappresenta un dente di leone, la cui palla lanosa è spettinata e dispersa da un soffio maleducato, slanciata e sospesa nell’aria. Come le vite e le speranze degli emigranti: in volo verso l’ignoto, preda delle bizze del vento.

Bianco però suggerisce che, soltanto per stasera, sia possibile immaginare il fiore nell’atto non di disperdersi, ma di ricomporsi, così come è possibile ascoltare i nipoti di tre emigranti, i tre musicisti in scena, tornati per farci ascoltare la loro musica che, un po’, è anche la nostra.

Il brano successivo è una magistrale reinterpretazione del capolavoro di Luigi Tenco, cantato da Kathy Mattea: “lontano lontano, nel tempo”, eppure, forse, ora, vicino. Nelle note del cantautore genovese le due voci paiono infine riconoscersi e, da lì in poi, procedere a braccetto, in un irresistibile crescendo. Sostenuta ora dal realismo proprio soltanto degli autentici sognatori, la rappresentazione può completarsi e concludersi, al contempo appassionata e divertita.

Visto il 06-05-2015
al Ivo Chiesa di Genova (GE)