Nel 1819 apriva a Rovigo il teatro Sociale e la municipalità rodigina commissionava a un compositore in voga all’epoca un’opera che inaugurasse questo nuovo tempio della musica in territorio ormai austriaco. Il compositore era Pietro Generali, un nome che, al giorno d’oggi, dice ben poco anche ai melomani più convinti, ma che nei primi trent’anni dell’Ottocento riscosse grande successo di pubblico e che ebbe la cattiva sorte (come molti validi musicisti) di essere surclassato da nomi ancora oggi famosi (Generali fu infatti un grande rivale di Rossini e l’enorme successo di quest’ultimo lo portò ad emigrare dall’Italia). Generali nacque a Vercelli nel 1773 e dopo un periodo come compositore di sola musica sacra si dedicò all’opera lirica. Il successo lo portò a comporre opere per i principali teatri italiani ed europei, lavorando specialmente per Venezia e Napoli e morendo a Novara nel 1832. Generali compose ben 56 opere (vivente lui vennero rappresentate in tutti i teatri del mondo, perfino in Messico e in India!), nonché svariate cantate e numerosa musica sacra. I suoi primi lavori sono considerati moderni e stravaganti nel loro vigore, presentano una ricca orchestrazione e un'inusuale ricchezza armonica. Invece le sue ultime opere, come anche quelle di molti altri compositori suoi coevi, appaiono come palesi imitazioni di quelle di Rossini. Egli era solito usare effetti drammatici nella sua musica, come il suo crescendo d'orchestra, del quale Rossini stesso in seguito si avvalse.
Adelaide di Borgogna è un’ opera seria in due atti su libretto di Felice Romanelli. La vicenda, tratta dalla storia dell’Italia alto medioevale, è ambientata nel 947, quando Adelaide di Borgogna rimane vedova del re Lotario II, per mano di Berengario d’Ivrea. Quest’ultimo, nominato nuovo re d’Italia dall’assemblea dei Principi, per sigillare meglio la sua consacrazione pretende la mano di Adelaide per il figlio Adalberto. Il suo costante rifiuto la portò alle vessazioni e al rapimento da parte dell’innamorato Adalberto, finchè l’imperatore Ottone I, giunto in Italia, sconfigge Adalberto, libera Adelaide e la sposa. Questa è un’opera di grande respiro, di forte impegno musicale e drammaturgico, ricca di grande espressività e invenzione e di forti richiami donizettiani; bella e avvincente la musica, con motivi molto originali specialmente nel primo atto, il secondo – invece – è più classicheggiante e ricorda molto diverse opere coeve.
Il teatro Sociale l’ha proposta in forma di concerto con la prima ripresa assoluta in tempi moderni, in collaborazione con il Teatro Sperimentale di Spoleto. Questo allestimento è anche un prezioso lavoro frutto di uno studio approfondito degli autografi da parte del maestro Franco Piva (compositore e musicista rodigino), che ne ha curato una importantissima edizione critica portata a nuova stampa proprio per l’occasione dalla casa editrice Ricordi. Grande il lavoro del maestro Piva che ha ridato lucentezza a questa partitura dimenticata negli archivi Ricordi. Si è trattato di un evento storico, musicale e culturale unico, di grande rilievo. Storicamente, Rovigo e il suo Teatro hanno riportato alla luce, con questa operazione, il primo e significativo tassello, il punto di partenza di una attività artistica che non ha mai subito cedimenti, anzi, si è sempre più articolata e amplificata in 197 anni.
Da Spoleto arrivano i cantanti, selezionati tra le giovani promesse del canto, vincitori di vari premi musicali, soprattutto del concorso europeo per giovani cantanti lirici indetto dal Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto. Nel ruolo del titolo il soprano Anna Carbonera, ha dato prova di una bella voce corposa e matura, con tecnica efficace, acuti contenuti ma espressivi. Il mezzosoprano Katarzyna Otczyk, nella parte en travesti di Adalberto, è dotata di una voce molto potente, con delle sfumature quasi metalliche, ma corposa e sicura; dopo un inizio un po’ incerto è entrata pienamente nel ruolo, emozionante il suo duetto con la Carbonera nel secondo atto. Gianluca Bocchino ha interpretato Ottone I, pur tecnicamente corretto, però la sua voce non ha molto convinto; senza dubbio il secondo atto è stato molto impegnativo per il ruolo che il tenore sannita ha saputo portare a termine con grande partecipazione. Il giovane baritono Daniele Antonangeli è stato un Berengario più che convincente, con una bella voce calda e rotonda, con acuti ponderati e bassi sicuri. Walter Testolin in Corrado ha mostrato una grande tecnica e una bella voce, forse più adatta ad un repertorio barocco, ma ha affrontato il ruolo egregiamente. Bravi anche Roberto Cresca in Rambaldo e Elisa Fortunati in Clotilde (purtroppo ruolo molto piccolo per una bella voce).
Il maestro Franco Piva è stato eccezionale alla guida dell’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta, la sua lettura filologica ha permesso di riscoprire queste pagine dense di melodie cariche di espressività preromantica. Il Coro Polifonico Città Di Rovigo, diretto maestro Vittorio Zanon, è stato molto valido nel sostenere quest’opera che vede molte parti corali dense di pathos.
Ancora encomiabile il lavoro di recupero di questo lavoro dimenticato, le belle pagine che abbiamo ascoltato fanno riflettere di quante opere straordinarie si siano perse le tracce a favore di una programmazione sempre più standardizzata. Il pubblico non riempiva, purtroppo, il teatro Sociale, ma chi era presente ha potuto apprezzare fino all’ultimo questa opera, con un solo cruccio: come sarebbe stata bella anche in forma scenica!