Lirica
ADELSON E SALVINI

Il primo Bellini

Il primo Bellini

La stagione lirica di tradizione di Jesi (l'unica in Italia ad avere luogo in una città non capoluogo di provincia) si inaugura quest'anno con un titolo di grande attesa e che rivela tutto il coraggio e la serietà della Fondazione Pergolesi Spontini che gestisce il Teatro Pergolesi: Adelson e Salvini, prima opera di Vincenzo Bellini, proposta nella versione originale effettivamente eseguita a Napoli nel 1825 e scritta dal compositore al termine degli studi nel conservatorio, un'edizione critica, curata da Casa Ricordi, realizzata dopo il rinvenimento nel 2001 di fonti precedentemente sconosciute ritrovate nella biblioteca del conservatorio di Milano che hanno consentito di integrare e ridisegnare radicalmente la partitura. Dall'allestimento, coprodotto con il Teatro Massimo Bellini di Catania, sarà realizzato un DVD.

La vicenda, ambientata nel Seicento in un castello in Irlanda, ha al centro della trama due amici (il nobile irlandese Adelson e il pittore italiano Salvini) innamorati della stessa donna nel contesto di un intrigo politico. Il regista Roberto Recchia poco può davanti a un libretto con poca azione e si affida principalmente alla scena di Benito Leonori che fa scorrere sipari come tele sbiancate e indurite in attesa di dipingerle e movimenta grandi cavalletti con tele dipinte in stile principalmente naturalista di primo Ottocento. Di pari data i ricchi e curati costumi di Catherine Buyse Dian in stile impero. Le luci di Alessandro Carletti contribuiscono a creare punti di attenzione sul palco.

José Miguel Perez Sierra fa un ottimo lavoro con l'Orchestra Sinfonica Rossini, a partire dalla sinfonia eseguita con grande morbidezza e sostenendo sempre il canto in modo ottimale. Della partitura vengono esaltati gli spunti rossiniani e i motivi che poi il compositore riprenderà a partire dalla Sonnambula: il linguaggio di Bellini è già disegnato in modo nitidissimo nell'andamento a spirale delle frasi musicali, nel respiro romantico, nelle arie drammatiche.

I protagonisti sono abbastanza stereotipati, seppure Bellini dimostri la volontà di individualizzare i singoli caratteri qui armonizzati in un cast bene amalgamato, seppure le lunghe parti recitate hanno mostrato le difficoltà di accento dei cantanti stranieri, tutti comunque da lodare per l'impegno profuso. Merto Sungu non teme le salite all'acuto e snocciola in tranquillità le colorature: il suo Salvini dimostra passione mediterranea e sensibilità di artista. Rodion Pogossov ha l'eleganza di un Lord e la voce profonda e brunita che il ruolo richiede, sempre ben sostenuta in modo da imporsi per autorevolezza. Voce squisitamente contraltile per la Nelly di Cecilia Molinari a cui non viene richiesto di salire particolarmente in alto ma che è in grado di rendere nelle arie a lei assegnate la grandezza del primo Bellini. Adeguate la Fanny di Sara Rocchi e la Madama Rivers di Giovanna Lanza, entrambe anche spigliate dal punto di vista attoriale e chiamate a ricoprire ruoli scritti per uomini. Baurzhan Anderzhanov si impone sia fisicamente per charme e altezza che vocalmente per la morbida brunitura del registro di basso. Accanto a lui il preciso Geronio di Enrico Marchesini. L'opera prevede una parte recitata e cantata in napoletano, affidata al bravo Clemente Antonio Daliotti, che però potrebbe maggiormente spiccare nel contesto se fosse stato meglio caratterizzato. A concludere il cast la sezione maschile del Coro lirico marchigiano preparato da Carlo Morganti.

La stagione di Jesi prosege con l'oratorio di Alessandro Stradella Ester, liberatrice del popolo ebreo (sabato 19 novembre alle 21 al Teatro Moriconi), quindi il dittico Cavalleria rusticana e Pagliacci, l'attesa Scuola de' Gelosi di Salieri e la Traviata in un nuovo allestimento.

Visto il 13-11-2016