Lirica
ADRIANA LECOUVREUR

Adriana negli anni del liberty

Adriana negli anni del liberty
Firenze, teatro Comunale, “Adriana Lecouvreur” di Francesco Cilea ADRIANA NEGLI ANNI DEL LIBERTY Francesco Cilea appartiene storicamente alla scuola verista, da cui però si distingue per un prevalente interesse alla liricità e per le sfumature elegiache e sentimentali che lo avvicinano alla scuola francese, soprattutto nell'accurata elaborazione musicale e strumentale. Adriana Lecouvreur, l'opera che rivela pienamente la sua personalità, è un personaggio storico, una famosa attrice del primo Settecento, epoca in cui l'opera ha luogo. Ma la musica ha trasparenze opalescenti che rivelano il momento della scrittura (1902) e dunque l'allestimento di Ivan Stefanutti (autore di regia, scene e costumi, proprietà del teatro Sociale di Como) appare perfetto. Infatti l'idea di ambientare l'opera nei primissimi anni del Novecento, negli anni del teatro delle grandi dive e del primo cinematografo (e dunque negli anni della composizione della partitura), si sposa perfettamente con le garbate melodie di Cilea, con quelle finezze strumentali che paiono avere la flessuosità e la finezza dell'architettura e delle arti decorative liberty. Infatti Adriana appare meglio come una eroina modernista che come una donna imparruccata. Bianco e nero dominano la scena, come nei primi film; a cominciare dal sipario bianco, su cui sono ricamati in nero appena scintillante dei fiori stilizzati; poi acciaio stondato a sostenere le quinte, gradini di nero specchiante, abiti dalle lunghe code completi di piume, trine e lustrini. Le pose sono quelle delle foto delle dive e la regia è attenta a muovere coro e protagonisti secondo quanto nel libretto. Il risultato non è mai didascalico ma sempre appropriato, consentendo di seguire con attenzione ed esattezza lo svolgersi dei fatti. Molti i dettagli curatissimi: Adriana ebbra di felicità dopo l'incontro con Maurizio nel primo atto (e ciò è ancora più d'effetto al paragone con il suo imposto distacco nell'incontro con gli altri, proprio come una diva); la Principessa furiosa nel terzo atto che lascia cadere il ventaglio ed impone con gesto imperioso a Maurizio di raccoglierlo; tutto l'incontro tra le due donne nel secondo atto in penombra. Il primo atto è ambientato nei camerini sul retropalco, il quale è visibile oltre le quinte di fondoscena; assai efficace il momento della recita di Adriana, prima visibile in controluce poi in persona sullo sfondo di un teatro all'italiana. Il secondo atto è un elegante interno dominato da due lampadari liberty che pendono dall'alto nelle forme di lamponi, raddoppiati da eleganti lampade da mobile nello stile di Gallé. Sul fondo una porta stondata a vetri che immette nell'ambiente che pare disegnata da Gaudì. All'inizio dell'atto terzo i lampadari sono abbassati a terra, sostenuti da elementi di acciaio come grandi punti esclamativi: la scena è un giardino e il cielo illuminato da una luna sullo sfondo è quello dello schermo del cinematografo. Il balletto (coreografia di Luca Veggetti ripresa da Angela Rosselli) con la storia di Paride è presentato da un ballerino e due ballerine: perchè non tre, come le tre dee della mitica tenzone? Efficace il confronto tra Adriana e la Principessa, ottimamente impostato dal regista con la tensione di un duello, anche nei colori dell'inizio: Adriana è bionda e biancovestita, la Principessa mora e nerovestita. Nel quarto atto siamo nell'interno del raffinato appartamento di Adriana, decadente e funereo, immerso in un buio appena rischiarato da una lampada di Gallé, che trasmette un senso di morte e asfissia. Il primo piano è dominato da una dormeuse bianca dallo schienale a forma di petalo dove si rannicchia Adriana per cercare rifugio e conforto; l’atmosfera liberty è inoltre accentuata dai ricchi tendaggi dalla grafica stilizzata e da un ritratto di Diva color seppia di gusto preraffaellita (forse Sarah Bernardt) che, nel momento della morte, s’illuminerà di colori vivaci come le vetrate dell’epoca. Patrick Fournillier (chiamato in sostituzione di Bruno Bartoletti) ha offerto una direzione funzionale dal punto di vista narrativo, attenta a cogliere la spinta drammatica e le vampate melodiche più appassionate della partitura. La direzione forte e incisiva non ha però valorizzato tutte le possibilità espressive della raffinata strumentazione di Cilea e la sua particolare vena lirico-elegiaca, ricca di indugi e contrappunti leggeri che si traducono in eleganti trasparenze e flessuose leggerezze, come una vetrata liberty. Per poter funzionare, Adriana Lecouvreur necessita di un’interprete che riesca con la magia del canto e della parola a tratteggiare la grande attrice. Adina Nitescu è stata una protagonista convincente per l’ottima presenza scenica e il gesto scolpito, ma anche per la capacità di piegare con naturalezza la voce agli slanci e ai ripiegamenti previsti dal ruolo, risolvendo la commistione di canto, recitativo e declamato nel rispetto della continuità della linea musicale. In sintonia con l’impostazione liberty della regia, il monologo di Fedra è volutamente enfatico e screziato di aulici effetti: lo scatto delirante con cui declama “Melpomene son io” traduce tutta la nevrosi d’artista, ma la cantante convince anche nei momenti lirici, come in “Poveri fiori”, particolarmente elegiaco e sentito. Nel ruolo di Maurizio, Fabio Sartori (dichiarato indisposto) ha offerto una prova corretta ma piuttosto generica e il canto povero di accenti e chiaroscuri, non supportato da adeguata presenza scenica, non è riuscito a evocare l’eroe appassionato e affascinante che giustifica la femminile contesa. Marianne Cornetti è una Principessa Bouillon dalla voce possente e generosa, di bel timbro scuro, adatta a comunicare l’inquietudine e la minaccia; se pur piena di temperamento, non è scivolata in accenti plateali e forzati che talvolta caratterizzano la rivale “cattiva”. Il Michonnet di Stefano Antonucci ha incontrato pieno favore del pubblico; la voce non è particolarmente importante, ma il canto attento alla parola e al fraseggio, accompagnato da una recitazione garbata e pertinente, ha creato un personaggio credibile senza essere patetico. Efficace Mario Bolognesi, Abate di Chazeuil servile e ipocrita. Meno a fuoco Francesco Palmieri nel ruolo del Principe di Bouillon. Disinvolte e graziose, come si conviene ad attrici della Comédie, Oriana Kurteshi (Madamigella Jouvenot) e Luisa Francesconi (Madamigella Dangeville). Fra le altre parti di fianco Quinault è Alessandro Battiato, Poisson è Anicio Zorzi Giustiniani, Vito Luciano Roberti è un maggiordomo. Con loro i danzatori di MaggioDanza Michelangelo Chelucci, Ilaria Chiaretti e Paola Fazioli ed il coro del Maggio, ben preparato da Piero Monti. Teatro gremito per un'opera conosciuta ma non propriamente da repertorio; vivo successo di pubblico. Visto a Firenze, teatro Comunale, il 21 febbraio 2010 FRANCESCO RAPACCIONI con la collaborazione di Ilaria Bellini
Visto il
al Maggio Musicale Fiorentino di Firenze (FI)