Pare proprio il momento di Adriana Lecouvrer, scrigno di deliziose melodie floreali, oltre che veicolo ideale del talento interpretativo delle dive canore.
L'abbiamo vista pochi mesi fa al Comunale di Bologna (e prima ancora, trasmessa da RAI 5) nella visione registica di Rosetta Cucchi; ora, negli stessi giorni in cui viene presentata alla Scala con la regia di David McVicar, eccola andare in scena anche a Modena e Piacenza, sotto la guida musicale di Aldo Sisillo e quella drammaturgica di Italo Nunziata.
Guarda caso, al Teatro Comunale di Modena che ospita l'opera (che abbiamo assistito) di Cilea, le due recite sono dedicate alla grande Mirella Freni, che della figura della Lecouvrer fu senza dubbio interprete memorabile.
Grande musica, grande teatro
La direzione di Aldo Sisillo - che trova una solida spalla nell'Orchestra Arturo Toscanini - si rivela accurata, rifinita, e sempre vigile. Appassionata e vibrante, liricamente incline al languore melodico, senza mai sacrificare la spinta drammatica.
E' così che dell'Adriana Lecouvrer viene reso a dovere quell'intreccio di brevi ma voluttuose espansioni melodiche, di raffinati declamati, di dense scene di conversazione, nonché la ricca gamma di colori e di sfumature. Insomma, tutto quel fascinoso mix di elementi musicali e drammatici che innerva la maggior partitura di Cilea.
Il regista Italo Nunziata porta la storia, con l'ausilio delle sobrie e spoglie scene di Emanuele Sinisi e dei severi, elegantissimi costumi di Artemio Cabassi, in tempi vicini a noi.
Attualizzato così il contesto, la sua intensa drammaturgia, molto rispettosa dell'originale, scorre controllata ed essenziale, ottenendo un lineare andamento narrativo, e prestando massima attenzione ai dettagli espressivi. Vedi come, alla fine, un egocentrico Maurizio viene indotto dai gelidi sguardi dei comédiens a lasciarli soli con la compagna appena spirata.
Ecco un'Adriana di grande qualità
Il giovane soprano Maria Teresa Leva affronta per la prima volta l'impegnativa figura di Adriana; e lo fa con lusinghieri risultati. Il suo personaggio ha poco della diva del palcoscenico, molto della donna innamorata, e conquista subito lo spettatore. Il fraseggio, ben curato; l'emissione morbida e calda, ben timbrata; il registro mediano saldo e pieno, gli acuti lucenti e retti da un fiato visibilmente ben addestrato.
Quanto ai declamati, li sentiamo scanditi con passione, e nel contempo con giudiziosa misura. Certo, qualche margine di miglioramento potrebbe esserci; nondimeno meritatissimi sono gli applausi dopo le espansioni liriche di “Io sono l'umile ancella “ e di “Poveri fior”, come pure l'acclamazione alla ribalta di fine spettacolo.
Luciano Ganci replica la prova positiva del suo recente Maurizio bolognese: il suo personaggio si sa è un po' antipatico – un'anticipazione del fatuo Pinkerton pucciniano - e Cilea gli consegna un pentagramma irto di difficoltà: il tenore romano vi infonde un bel temperamento virile, una colonna di fiato generosa, ampia estensione, nonché bella facilità agli acuti, sempre lucidi e luminosi. Anche per lui, va da sé, ovazione finale.
Un innamorato impacciato, una rivale sadica e spietata
All'ambizioso Principe di Sassonia fa da contraltare l'umanissimo Michonnet, qui risolto da Claudio Sgura con profonda espressività ed attenta resa psicologica, scansando ogni risibile macchiettismo. Patetico si, questo suo spasimante inconfessato, però mai lagnoso, in una recitazione efficace e sorretta da quella vocalità ampia, prodiga, tornita e sonora, pregio indiscutibile del baritono di Ostuni.
Dal canto suo, anche Teresa Romano conferisce densa concretezza all'acida figura della Principessa di Boullion, delineata con vibrante passionalità da un lato, e da una irreprensibile tenuta tecnica, basata su un'emissione ferma ed un timbro di serico velluto, dall'altro.
Apprezzabile l'Abate di Saverio Pugliese, un po' troppo compassato benché musicalissimo il Principe di Boullion reso da Adriano Gramigni; per finire, Shay Bloch (M.lle Dangeville), Maria Bagalà (M.lle Jouvenot), Stefano Consolini (Poisson) e Steponas Zonys (Quinault) hanno sostenuto correttamente i rispettivi ruoli di comédiens. Positiva prestazione del Coro Lirico di Modena diretto da Stefano Colò. Le luci hanno la firma di Fiammetta Baldisserri.
E' possibile vedere la registrazione nella SCHEDA DELLO SPETTACOLO