Lirica
ADRIANA LECOUVREUR

Milano, teatro alla Scala, “A…

Milano, teatro alla Scala, “A…
Milano, teatro alla Scala, “Adriana Lecouvreur” di Francesco Cilea ADRIANA TRADIZIONALE E AVVINCENTE La serata a cui ho assistito si è aperta con le parole di Lissner in ricordo di Carlo Maria Badini, sovrintendente alla Scala dal 1977 al 1990, scomparso in mattinata, alla cui memoria è stato tributato un minuto di silenzio e un applauso, con il pubblico rispettosamente in piedi. Il libretto di Arturo Colautti si basa sul dramma di Scribe e Legouvè, alla base della quale c'è una figura storicamente esistita, una celebre attrice della Comédie Française, ammirata anche da Voltaire, che si trovò al centro di affari di stato e di intrighi amorosi. Cilea fu attratto da un lato dall'ambientazione settecentesca, che gli permetteva la creazione di quadri di ambiente e pagine musicali in stile retrospettivo, e dall'altro dalla varietà dell'azione, dal mix di commedia e tragedia, dall'intensità delle passioni che coinvolgono i tre protagonisti (trascurando l'intrigo politico). Aggiunse elementi di spettacolarità, come il ballo del terzo atto, ed effetti teatrali di sicura efficacia, come il teatro nel teatro (nel primo e nel terzo atto Adriana recita Racine, declamando, non cantando, Fedra con l'accompagnamento orchestrale), una sovrapposizione di situazioni e di identità particolarmente battuta dal teatro tra fine Ottocento e inizio Novecento. Marcata è la distanza di Cilea dal teatro musicale verista: Adriana è un personaggio eroico, che non agisce nella quotidianità; la scrittura è ricca ed elaborata, raffinata e sorvegliata, lontana dall'enfasi verista; l'opera offre una rappresentazione dell'ancien régime (nel solco di Manon Lescaut e Andrea Chénier) ma mantenendo una distanza temporale, evocando (da lontano) il Settecento. L'allestimento è quello scaligero, coprodotto con il Comunale di Bologna, andato in scena nel 1989 e ripreso nel 1991 e nel 2000, molto tradizionale, dove la regia si “limita” a trasporre sulla scena tutte le indicazioni del libretto in ogni singolo dettaglio. Ma, si badi bene, questo non è un limite, quando il mestiere di Lamberto Puggelli è tale da creare un risultato così perfetto e avvincente, complici le scene (quasi fisse: tre grandi arcate in proscenio introducono negli spazi dei quattro atti, sostanzialmente con poche differenze uno dall'altro ma ben congegnati in funzione del plot) di Paolo Bregni ed i sontuosi costumi di Luisa Spinatelli. Deboli invece le coreografie di Robert De Warren per il ballo del terzo atto. Stefano Ranzani ha offerto una lettura orchestrale efficace e giusta, sia nel preciso accompagnamento ai cantanti, sia nelle elaborate parti strumentali, su tutte la magnifica introduzione al quarto atto, suonata con ariosità. Daniela Dessì si conferma interprete di riferimento per il ruolo: intensa nell'interpretazione, perfetta nella vocalità con tutti i registri adeguati, anche se è apparsa a tratti debole nei duetti con il tenore. Fabio Armiliato ha prestanza fisica e buone doti attoriali, ma non convince fino in fondo per una disomogeneità nei registri ed una certa “fatica” nei momenti di maggiore intensità di emissione. Straordinaria la principessa di Bouillon di Luciana d'Intino, una vera “cattiva”, adeguata nella bella voce scura e nelle movenze. Buona la prestazione di Carlo Guelfi (Michonnet) e di Luca Casalin (l'Abate di Chazeuil). Con loro Franco Lufi, Nicola Pamio, Davide Pelissero, Michele Nani, Anna Zoroberto e Alessandra Palomba. Buona la performance del coro preparato da Bruno Casoni. Ha completato il cast il corpo di ballo del teatro: Maurizio Tamellini, Gianluca Schiavoni, Patrizia Canini, Silvia Scrivano, Laura Caccialanza, ed altri non individuati nel programma di sala. Pubblico numeroso ma tiepido. Visto a Milano, teatro alla Scala, il 19 aprile 2007 FRANCESCO RAPACCIONI Recensione secondo cast Condivido le note di Francesco Rapaccioni per quanto riguarda lo spettacolo in generale; aggiungo alcune note riguardanti il secondo cast. Adriana Lecouvreur era interpretata dal soprano Irene Cerboncini, che ha dato una buona prova, in un ruolo certamente non facile e che porta troppo a fare paragoni con le grandi interpreti del passato: ha però superato in modo egregio il confronto; una nota particolare per la celebre aria “Poveri fiori”, che è stata cantata in modo eccellente, con il giusto taglio drammatico e le squisite sfumature. Il portamento elegante e raffinato hanno completato il personaggio. Interessante anche l’interpretazione del mezzosoprano Anna Smirnova nella passionale principessa di Bouillon, solida nella voce e brillante nel suo ruolo di amante non ricambiata, ha dato una prova degna del ruolo che fu cavallo di battaglia della indimenticabile Simionato. Il ruolo di Maurizio di Sassonia era affidato al tenore Mario Malagnini, che ha dato un risultato decisamente scarso: è mancato di quella virile dolcezza che dovrebbe caratterizzarne il ruolo, e la voce non sempre è stata all’altezza, anche se nell’ultimo atto è migliorato. Una nota di merito va ad Angelo Veccia nella parte di Michonnet, con un’ottima esecuzione, bella voce e bella presenza scenica. Corretti e vocalmente bravi gli altri comprimari: Luigi Roni in un frivolo e raffinato principe di Bouillon e Luca Casalin in un intrigante e mondano abate di Chazueil. Uno spettacolo molto emozionante, che ricordava gli allestimenti gloriosi della scala degli anni Cinquanta, musicalmente e visivamente avvincente. Visto a Milano, teatro alla Scala, il 12 aprile 2007 MIRKO BERTOLINI
Visto il
al Teatro Alla Scala di Milano (MI)