Jesi, teatro Pergolesi, “Adriano in Siria” di Giovan Battista Pergolesi
LE ROVINE DELL'AMORE
La VII edizione del Festival Pergolesi Spontini si è aperta con “Adriano in Siria” di Giovan Battista Pergolesi, terza delle quattro opere serie da lui composte e andata in scena per la prima volta a Napoli nel 1734, scritta in onore del compleanno della regina Elisabetta Farnese, madre del re Carlo III di Borbone a cui l'opera è dedicata. Pergolesi esalta, attraverso i personaggi, le virtù morali e politiche dell'uomo di governo, Adriano in scena, Carlo nella vita.
Ma la storia rimane solo sullo sfondo, poiché la trama è incentrata su vari intrighi amorosi. Per questo la regia di Ignacio Garcìa non mi ha convinto: lo spagnolo incentra tutto sulla denuncia della guerra e dell'imperialismo, argomenti di certo condivisibili ma che poco hanno a che fare con l'”Adriano” e ancor meno la critica alla barbarie si può applicare a quest'opera. Invece la musica è geniale e denota la padronanza di Pergolesi, avendo a disposizione un libretto liricamente perfetto come questo di Pietro Metastasio.
All'apertura del sipario un falco svolazza nel teatro, forse a rimandare alla maestà di Adriano oppure alla rapacità dei romani in Siria; la scena è foderata di nero, non si capisce se notturna o fuligginosa; solo pochi elementi a caratterizzare un luogo di antiche rovine doriche. I costumi sono una mescolanza fuori dal tempo, tra romanità, medioevo e contemporaneità, brutti sostanzialmente: Sabina fa pensare a Papagena, Farnaspe all'Anna Oxa del periodo punk, Osroa a un pirata, Emirena con il muso di un orso un testa. Dopo il falco ecco in scena un pesce rosso in una boccia trasparente e un uccello in una gabbia, dei quali ho faticato a comprendere la connessione. Scene e costumi sono di Zulima Memba del Olmo. Soprattutto non convince il ricorrente simbolo del teschio: teschi ammucchiati in vari punti della scena, a momenti grondanti sangue; teschi maneggiati dai cantanti, un po' come Amleto; teschi presentati sul finale, quando tutto è lieto. Boh. Inoltre il regista ha poi troppo calcato la mano su gesti attoriali enfatici.
Invece sul versante musicale le cose sono andate benissimo. La partitura è stata resa in modo eccellente dall'Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone, il quale ha mantenuto ritmi serrati per tutto il tempo, con vigore e forza. Eccellente il finale del primo atto, con l'oboe solista e Farnaspe che interpreta in modo perfetto “Lieto così tal volta”. Omogeneo e duttile il cast. Su tutti Marina Comparato, un Adriano elegante nel contegno, altero e nobile, magnifico, perfetto nella vocalità; un ruolo interpretato in modo eccellente. Virtuosa Olga Pasichnyk nel difficile ruolo di Farnaspe, nonostante le difficoltà di dizione nei recitativi. Perfetta Nicole Heaston in Sabina; adeguati Lucia Cirillo (Emirena), Francesca Lombardi (Aquilio) e Carlo Allemano (Osroa).
Caloroso il successo di pubblico, che si spera seguirà il programma interessante del Festival, che ha vari momenti di eccellenza musicale in luoghi suggestivi.
Visto a Jesi (AN), teatro Pergolesi, il 7 settembre 2007
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al
Giovan Battista Pergolesi
di Jesi
(AN)