Fabrizio Sinisi, esponente della nuova drammaturgia italiana, nella sua riscrittura del classico greco “Agamennone” si concentra su sentimenti opposti ed essenziali: amore e rabbia, tristezza e furore, nostalgia che diventa violenza e si impadronisce inesorabilmente della mente umana.
Non c’è rimedio al male compiuto
Nella visione di Alessandro Machia, i personaggi nulla possono contro le conseguenze delle proprie azioni e del male compiuto; una sorta di stanchezza che evolve in rassegnazione si impadronisce dei due personaggi principali: Agamennone, tornato ad Argo dopo dieci anni passati in guerra a Troia; e Clitemnestra (Mascia Musy), che ancora non ha elaborato l’omicidio della figlia Ifigenia per mano del marito, ma ha accolto nel suo letto l’amante Egisto.
L’”Agamennone” di Paolo Graziosi è pervaso da una tenera rassegnazione, la sua inquietudine deriva dal passato, mentre tutto ciò che lo circonda sembra non riguardarlo o scalfirlo.
Molto più presente e intensa sulla scena è la Clitemnestra di Mascia Musy, donna ferita, ma pragmatica: è consapevole di non meritare la benevolenza dei suoi sudditi e non muove un dito per conquistarsela.
Al destino dei due protagonisti si incrocia ineluttabilmente quello di Cassandra, profetessa rimasta inascoltata in patria e divenuta schiava in una Argo che le riserverà una sorte assai peggiore: Valeria Perdonò incarna sul palcoscenico la passione civile di una sfortunata paladina della patria e rendendo drammaticamente emotivo e realistico il racconto della sua orribile morte.
Una tragedia contemporanea
L’aspetto meno convincente dell’allestimento risulta l’utilizzo del microfono, sia nel prologo iniziale affidato al Coro (una vibrante Elisabetta Arosio), che rappresenta la città di Argo, sia nella scena in cui Clitemnestra si rivolge al popolo: un vezzo contemporaneo inutile, almeno in questo caso, considerando il graffiante timbro di voce di entrambe le attrici.
La scena divide il palco in due settori, distinguibili attraverso l’impiego di videoproiezioni e un disegno luci pensato come quello più adatto a un set cinematografico: uno spazio pubblico, pallida trasfigurazione del momento presente, dove la vita non è più quella che Agamennone aveva lasciato prima di partire per la guerra; e uno spazio privato, dove il passato viene ricordato con tenera nostalgia, evolvendo in tragico presente attraverso un colpo di pistola nel buio.
Significativa, in questo senso, la riflessione finale di Mascia Musy, quale interprete contemporanea di Clitemnestra: “Spinta dall’amore perduto di una figlia, perché questa donna ha fatto quello che ha fatto?”
Spettacolo: “Agamennone”
Visto al Teatro Gobetti di Torino.