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Il disegno della violenza e del vero eroe: Aiace di Sofocle apre la stagione INDA a Siracusa

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AIACE © Franca Centaro

Cieco di rabbia per non aver ottenuto le armi di Achille, la violenza di Aiace si scaglia non contro gli Atridi, come avrebbe voluto, ma a causa di un espediente di Atena, contro un gran numero di capi di bestiame: è questa l'apertura della tragedia di Sofocle Aiace, che ha aperto la stagione numero 59 del ciclo di rappresentazioni classiche a Siracusa, realizzato dall'INDA -Istituto Nazionale del Dramma Antico- nello straordinario scenario del Teatro Greco


Per l'occasione, il testo è nella traduzione di Walter Lapini, per la regia di Luca Micheletti (che interpreta anche il protagonista), su musiche originali di Giovanni Sollima. Il cast si completa con Roberto Latini (Atena/Messaggero), Daniele Salvo (Odisseo), Diana Manea (Tecmessa), Tommaso Cardarelli (Teucro), Edoardo Siravo (Agamennone) e Michele Nani (Menelao). 

Sarà vero Pulp?

Cascate di drappeggi sanguinolenti, carcasse di buoi e scempi di pecore raccontano di un campo di battaglia inconsueto sul quale la notte prima si è consumata una carneficina dalle tinte folli: Aiace ha compiuto una ecatombe che lo inchioda alle voci di follia che giá circolano fra la sua gente, poiché la sua vittoriosa spada a doppio taglio ha ucciso e fatto scempio degli armenti, invece che degli Atridi. 


Una violenza degna di miglior causa, vomitata su un inusitato campo di battaglia per colpa di un sortilegio di Atena, che gli ha oscurato la mente per punirlo di un suo atto di sacrilego orgoglio: aver rifiutato l'aiuto degli dei in battaglia.

Ma quello che uno sguardo superficiale può leggere come linguaggio dello splatter, in realtà ci sembra piuttosto il contrario: l'esibizione sovradimensionata del sangue esteriore é soprattutto il corrispettivo del violento disfacimento interiore. 


Nelle scene di Nicolas Bovey la violenza sembra perciò richiamare soprattutto i colori del feroce conflitto tra l'ideale di eroismo e la sua irrealizzabilità: Aiace vive in un mondo di valori del passato estraneo al contemporaneo, contiene in sé le virtù che lo condanneranno alla solitudine anche nell'atto estremo del suicidio, con gesto tragico che incarna il vero eroe omerico, immerso negli ideali dell'onore e incapace di transigere.

Merita discorso a parte l'attenzione sul concetto del corpo del nemico, e della degna sepoltura concessa o meno: l'epica è piena di esempi in un senso e nell'altro, e più che sapere quindi l'esito di una di queste diatribe, conta perciò la coscienza di quanto questo elemento fosse estremamente importante, spesso decisivo per caratterizzare il personaggio, all'interno della folta cornice di valori del mondo antico.

Sopra e sotto al palcoscenico

Abbiamo detto del doppio ruolo di Luca Micheletti attore e regista, anche se fra lo stare sul palcoscenico e lo stare fuori, probabilmente ha giovato maggiormente lo stare sopra: l'impianto di base è potente, anche se probabilmente sconta qualche difetto di preparazione, non concentrandosi troppo sull'insieme anche visivo (i passaggi luce/buio) e mostrando alcuni movimenti recitativi un po' tronfi (Agamennone e Menelao), mentre le prove attoriali principali non si discutono e mantengono ad un livello assai elevato ciò che promettono (oltre a Micheletti, in particolare Roberto Latini, Daniele Salvo e Tommaso Cardarelli).

Un appunto va fatto alla scelta di Micheletti di far apparire in veste di Eurisace la figlia Arianna, di poco più di un anno: arma a doppio taglio, dal momento che se nel pubblico provoca empatia ed emozione, comporta anche facile distrazione per una certa qual imprevedibilità.


I dettagli delle scene e dei costumi sono notevoli, e accentuano una narrazione ambientale e coreutica profonda, sia posizionando il gigantesco scheletro scarnificato di Aiace dopo il suicidio, trafitto dalla spada spada che Ettore gli aveva donato alla conclusione del loro duello, sia intrecciando elementi materici di sapore antico, corda, canapa, teli, tutto a conferire un vero e proprio odore dell'ambiente, coerente e dal forte impatto mentale.

Il coro diretto da Davide Cavalli è in scena quasi incessantemente, con ottime prove di gruppo e individuali, e oltre alle parti classiche si esibisce in danze tribali e anche con accenni di flamenco.

Il lavoro eseguito da Giovanni Sollima sulla scrittura musicale è stato senza dubbio analitico, ed ha approfondito con dinamiche flessibili le diversità dei momenti e delle ritmiche del testo, spesso interpretato con risultati alquanto ossessivi, attraverso un piccolo ensemble cui si aggiungevano altri strumenti sulla scena.

Il debutto è da tutto esaurito insomma, con numerose attente scolaresche che premiano il lavoro dell'INDA, fondato sulla qualità ma capace anche di coinvolgere spettatori che hanno minor consuetudine con l'approccio ai capolavori classici.

 

Visto il 10-05-2024
al Greco di Siracusa (SR)