La stagione estiva 2010 dell'Opera di Roma si concentra su due titoli verdiani tra i più popolari, Aida e Rigoletto, il quale ultimo è un nuovo allestimento (vedi la recensione nel sito).
Aida a Caracalla è un classico. E un classico è quello che trovano gli spettatori.
Le scene di Andrea Miglio presentano un Egitto tradizionale (sfingi, colonne con bassorilievi, il fronte di un edificio-tempio, palme), il cui pregio è di consentire rapidi cambi di scena, evitando lungaggini tra le varie parti. Infatti bastano pochi tocchi per rendere un luogo o un altro, anche solo spostando le colonne da un sistema strombato che invita verso l'ingresso dell'edificio sul fondo a una modalità orizzontale o utilizzando alcune scalee. Oppure tende arancio stese tra le colonne per creare l'intimità del second'atto. Nel finale quattro schiavi lentamente chiudono con pesanti pietre l'ingresso della tomba davanti a Radamès e Aida, mentre sopra troneggia Amneris con mantello nero svolazzante al vento.
I costumi di Anna Biagiotti puntano su una forte spettacolarità con colori e luccicamenti. Sono distinti gli aspetti delle schiave egizie (trecciute) da quelli delle schiave etiopi (inturbantante). Caratteristici i soldati che assomigliano ai gladiatori del Colosseo, avvicinando il luogo in cui si tiene la rappresentazione a quello in cui si suppone avvenga la storia.
Le luci di Patrizio Maggi utilizzano anche lo sfondo delle terme romane, soprattutto nel terz'atto, dove le rive del Nilo sono rese con effetti riflessi sulle pareti antiche, come se l'acqua fosse in basso e si riflettesse.
La regia di Maurizio Di Mattia ci è parsa essenziale e tradizionale, sfruttando il dispiego delle masse e la gestualità dei protagonisti in modo funzionale alla storia. L'inizio è affidato a due ballerini che portano in scena una coppa fumante posandola in proscenio, per poi eseguire un passo a due sulla musica della sinfonia. Meno efficace del solito la marcia trionfale, poco valorizzata da uno sparuto gruppetto di soldati-gladiatori che si sfidano a colpi di spada. Invece d'effetto il balletto del trionfo, affidato a guerriere e guerrieri in costumi tribali (coreografie di Amedeo Amodio). Nell'appartamento di Amneris le schiave egizie amoreggiano con fustaccioni a torso nudo.
Daniel Oren ha diretto la partitura con impeto e passione, sottolineando i momenti di maggiore enfasi e rilevando nel contempo anche le situazioni intime.
Nel cast ha spiccato Amarilli Nizza (Aida) per temperamento e voce assai espressiva, ricca di sfumature atte a cogliere l'interiorità del personaggio. Non così la Amneris di Tichina Vaughn, la quale, seppure fornita di voce potente, ha eccessive carenze di pronuncia e una certa metallicità nell'acuto. Walter Fraccaro è un Radamès tradizionale, non valorizzato dalla microfonazione. Potente l'Amonasro di Alberto Mastromarino (commovente il momento con Aida nel terz'atto). Splendido di Re autorevole e ieratico di Marco Spotti. Con loro il Ramfis di Carlo Striuli, il messaggero di Angelo Casertano e la sacerdotessa di Nicoletta Curiel. Buona la presenza del coro del teatro dell'Opera preparato da Andrea Giorgi.
Molti spettatori, tanti stranieri. Vivo successo.