A cento anni esatti dalla prima rappresentazione di Aida che trasformò lo Sferisterio da arena per il gioco del pallone col bracciale in teatro d’opera, il capolavoro verdiano torna ad essere protagonista del palcoscenico maceratese con un interessante spettacolo curato da Valentina Carrasco, regista già impegnata in passato nella cura dei movimenti scenici per l’Aida veronese del 2013 con la regia de la Fura del Baus.
Lo sfruttamento dell’ambiente come causa dello sfruttamento dell’altro
Un'ambientazione d’epoca coloniale riporta la vicenda al periodo in cui fu creato il canale di Suez, per la cui inaugurazione l’opera fu appunto concepita: a dominare lo spazio scenico aride dune desertiche che, durante il celebre “trionfo”, verranno trasformate rapidamente in un enorme pozzo di estrazione petrolifero, generato dalla sete di sfruttamento del territorio da parte degli Europei colonizzatori e, di conseguenza, motivo di scontro con gli Etiopi e la popolazione locale. Un oro nero che, sul finale, ricoprirà i due amanti protagonisti fino a soffocarli provocandone la morte.
Un’interpretazione originale, ma al contempo rispettosa della vicenda, che fa riflettere sugli imperialismi di ieri e di oggi, sulla loro pericolosa tendenza a depauperare il territorio, all’interno di un'idea registica che si rivela particolarmente abile nel gestire i movimenti delle masse e dei protagonisti.
D’impatto le scene pensate da Carles Berga, ottimamente illuminate da Peter van Praet; curati nel dettaglio i costumi di Silvia Aymonino.
Un cast di rilievo
Francesco Lanzillotta alla direzione dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana riesce a valorizzare perfettamente la ricchezza della partitura verdiana cercando, e raggiungendo, un aureo equilibrio fra la componente squisitamente lirica e quella più celebrativa e superando intelligentemente alcune tradizioni interpretative fin troppo consolidate.
Nel ruolo eponimo Maria Teresa Leva delinea una figura di Aida dilaniata e piuttosto schiva: bravissima nei pianissimo e nelle mezzevoci, la Leva brilla anche per per solidità nella tecnica d’emissione con un acuto che svetta limpido senza alcuna forzatura. Al suo fianco il Radames di Luciano Ganci ha palesato, soprattutto nella prima parte, qualche leggero problema di intonazione, sicuramente compensato dalla innegabile bellezza del timbro e dalla potenza di un mezzo decisamente di tutto rispetto.
Veronica Simeoni è un'Amneris dura e volitiva, dotata di uno strumento estremamente solido nel registro acuto, forse leggermente meno in quello grave e centrale. La voce è comunque sempre molto bella a livello timbrico e la cura del fraseggio particolarmente pregevole. Molto buoni l'Amonasro di Marco Caria, l’autorevole Ramfis di Alessio Cacciamani, il re di Fabrizio Beggi. Con loro: Francesco Fortes (Messaggero), Maritina Tampakopoulos (Sacerdotessa).
Apprezzabili gli interventi del Coro Lirico Marchigiano ben preparato da Martino Faggiani.