Lirica
AIDA

Furiosa Aida

Furiosa  Aida

Il festival “100 + 1” non poteva non presentare l'Aida del centenario, “furiosa” in quanto fantasiosa  creazione dei catalani de La Fura dels Baus (regia Carlus Padrissa e Alex Ollé, scene Roland Olbeter, costumi di Chu Uroz, luci Paolo Mazzon, coreografia Valentina Carrasco).

Mentre gli spettatori entrano in Arena si svolge un prologo che ambienta la vicenda in un campo di scavo archeologico, dove molte persone si affollano sul palco: una lunga fila di manovali sulle gradinate si passa catini di terra e grandi blocchi di marmo, provvisoriamente ricomposti,  vengono poi imballati in grandi casse con la dicitura “British museum” aprendo il pensiero alle spoliazioni. Il rilievo di grandi massi scolpiti ha l'immagine di una coppia che si abbraccia e nella postura rimanda vagamente al bacio klimtiano, lui sovrastante incurvato su lei. Intanto gli operai locali vengono ripetutamente maltrattati, sia fisicamente che verbalmente, dai guardiani stranieri.

Poi inizia lo spettacolo e il prologo risulta non determinante per la successiva azione. La scena è vuota, immenso spazio che continua sulle gradinate; al centro del palco due torri-traliccio a cui sono agganciate due gru, una terza è fuori dall'anfiteatro, ben visibile e parte integrante della scena. Precisi e rispettosi, seppure non collocabili nel tempo del libretto, i luoghi in cui si svolge la vicenda, mentre i costumi contribuiscono a rendere i fatti eterni con una visionarietà di materiali che costituisce una delle cifre del gruppo catalano.
Alcune idee restano nella memoria: le dune di sabbia gonfiabili, lo specchio solare formato da cassoni in laminato inox che poi si inclina in avanti schiacciando i due amanti, la famiglia dei dromedari e l'elefante in stile “meccano”, i coccodrilli (mimi su carrelli proni a terra) protagonisti del terzo atto che sguazzano nell'acqua, le palme a ventaglio agitate dai ballerini. Immagini di tale forza da diventare iconiche. Infatti nella regia non sembrano esserci novità sensazionali: come spesso nei lavori della Fura a dominare è il dato visivo, l'effetto tecnologico, la visionarietà scenotecnica; cantanti e coristi sono invece caratterizzati dalla quasi staticità ma questo fatto non dà l'idea dell'immobilità, anzi pare perfetto per quelle soluzioni sceniche e registiche.
Ancora stupisce la favola narrata con il gioco di ombre cinesi che incanta i bambini durante la danza dei moretti. Sulle gradinate spesso il fuoco che, unito all'acqua che inonda il palcoscenico per terzo e quarto atto, completa la presenza degli elementi, dopo la terra  (e la sabbia delle dune) e l'aria-vento. Nel finale, come si diceva, la “piramide” di cassoni-container si chiude sopra i due amanti ma rivela, dietro, la scultura dell'inizio ora ricomposta: l'amore non finisce. E neppure la denuncia delle spoliazioni e delle sopraffazioni né il discorso ecologico coi bidoni di rifiuti tossici.

Julian Kovatchev dirige con poca cura di tempi e suoni uno spettacolo molto complesso scenicamente. Hui He si conferma una straordinaria Aida, di grande sensibilità interpretativa e perfezione vocale a cominciare da mezzevoci assai espressive e acuti limpidi piegati a dare il senso delle parole. Meno riuscita l'Amneris di Violeta Urmana per il vibrato e lo scarso peso in basso. Fabio Sartori è un Radames potente e corretto nella voce. Gennadii Vashchenko è un Amonasro non particolarmente in evidenza. Giusti e di notevole presenza scenica Raymond Aceto (Ramfis) e Sergej Artamonov (Re). A completare la locandina il Messaggero di Antonello Ceron e la Sacerdotessa di Maria Letizia Grosselli. Il coro è stato preparato da Armando Tasso, il corpo di ballo è diretto da Renato Zanella. Enorme il numero delle comparse impegnate.

Arena praticamente esaurita, spettacolo cominciato con oltre un'ora di ritardo a causa di un temporale. Questa Aida sarà replicata per tutto luglio per poi lasciare il posto, in agosto e settembre all'Aida storica del 1913.

Visto il
al Arena di Verona (VR)