Il Teatro Filarmonico di Verona propone Aida come secondo titolo di stagione. Per precisione la celebre “Aidina”, come amava definirla Franco Zeffirelli, collocando la prima in coincidenza dei cento anni dalla sua nascita a Firenze, il 12 febbraio 1923.
Nel pensar comune opera che invita al kolossal, buona per grandi spazi all'aperto. In vista delle celebrazioni verdiane del 2001, il geniale regista fiorentino raccolse invece la sfida di una versione mignon per le tavole del Teatro Verdi di Busseto, sala di ridotta capienza e dal palcoscenico esiguo. Nella quale peraltro Verdi caparbiamente mai volle mettere piede.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Un piccolo miracolo scenico
Ne venne fuori un piccolo miracolo, ideando uno spettacolo vivace e sontuoso, ispirato agli allestimenti ottocenteschi (anche un po' oleografico, se vogliamo), ricchissimo di dettagli. Che magari per mancanza di spazio sacrificava qualcosa, come il trionfo di Radamés solo suggerito dall'agitarsi della folla, ed i susseguenti balletti.
Tutto il resto c'era, inducendo anzi nello spettatore l'impressione d'essere ben più ampio di quanto fosse in realtà. Esperimento riuscitissimo, replicato l'anno dopo nella piccola sala emiliana con una Traviata meno glamour, più essenziale ed intimistica. Ma anch'essa a modo suo memorabile.
Una sfida risolta mettendo insieme genio e mestiere
Fatto sta che l'operazione del 2001 non solo conquistò tutti – pubblico e critica compatti nell'applaudirla - sia per l'estremo riguardo verso la recitazione, curata con maniacale accuratezza, sia per l'accattivante côté visivo: le scene le firmò lui stesso, i bellissimi costumi la fidata Anna Nanni. Ed in seguito ha girato con pari gradimento su e giù per l'Italia, approdando nel 2004 persino al Bol'šoj di Mosca, tornando nella sua culla per il Festival Verdi 2019, prima di ripartire di nuovo in tournée nei teatri del circuito lombardo.
Una Aida pensata già in partenza per espandersi a soffietto in ambiti più vasti, magari racchiusa da grandi cornici a geroglifici messe a sigillare il palcoscenico. Come qui al Filarmonico, dove masse scultoree e fondali acquistano respiro nel fedele riallineamento di Carlo Centolavigna, storico collaboratore di Zeffirelli.
Torna il direttore di vent'anni fa
Cosa voluta o no, sul podio ritroviamo – un po' più canuto, va da sé – il direttore che quella Aidina battezzò a Busseto, vale a dire Massimiliano Stefanelli. Sempre latore di una concertazione equilibrata nelle sonorità, dall'andamento nitido, esattamente consonante con gli interpreti.
Potrebbe essere stata migliore, se la compagine orchestrale areniana, che inciampa in qualche pressapochismo, si fosse mostrata in maggiore sintonia con le sue intenzioni. Anche il Coro, sotto la cura di Ulisse Trabacchin, non ha evidenziato il necessario rigore. E sì che di Aide ne ha cantate a tinchitè, come si dice in Sicilia.
Un cast un po' deludente
Poche gratificazioni nella compagnia. Monica Conesa è una Aida in sedicesimo: la voce di modesta consistenza, dal colore cupo, né bella né morbida; gli acuti ingrati, spezzati, vacillanti. Stefano La Colla (che sostituisce alla prima un Ivan Magrì indisposto) offre un Radamès squadrato e belluino, tutto proiettato in avanti senza curarsi troppo di fraseggio e di sfumature.
Ketevan Kemoklidze qualche volta convince, qualche volta no (nel registro grave, per esempio latita lo spessore) con una Amneris che solo nella scena del giudizio prende il volo. Alzano il livello complessivo Youngjun Park, portando in scena un Amonasro nobile e fiero, con un canto generoso ed un portamento abbastanza elegante; ed i due bassi Antonio Di Matteo e Romano Zovo, delineando con energia e severa signorilità rispettivamente Ramfis ed il Re. Intonatissimo il Messaggero di Riccardo Rados, ricercata la Sacerdotessa di Francesca Maionchi.
Zeffirelli e l'Arena, legame quasi trentennale
Zeffirelli ha dato molto a Verona. Anche per questo il Filarmonico – “l'altro volto dell'Arena”, come viene definito - gli ha dedicato ad apertura di sipario un breve video clip, per ricordarne con affetto la figura.
Riepiloghiamo: nell'anfiteatro scaligero si sono succedute nel 1995 una sua lussureggiante Carmen, poi nel 2011 - anno verdiano - uno spettacolare Trovatore; nel 2002 la celebre Aida “tubolare”, e nel 2004 una raffinata Madama Butterfly. Spettacoli replicati più e più volte. Nel 2010 inaugurò con una fiabesca Turandot un Festival interamente a lui dedicato, racchiudente ben cinque sue regie.
Nel 2012 fu la volta di un raffinato Don Giovanni mozartiano; nel 2019 accettò d'aprirvi l'estate 2019 con una Traviata tutta nuova, dal taglio cinematografico, malgrado il peso dell'età e la salute in declino. Non la vide in scena, lasciandoci solo qualche giorno prima della sua presentazione.