È indubbio che l'allestimento di Aida pensato da Franco Zeffirelli per l'Arena di Verona piaccia al pubblico del Festival estivo e lo dimostrano gli applausi così fragorosi tributati a quell'Egitto dorato
È indubbio che l'allestimento di Aida pensato da Franco Zeffirelli per l'Arena di Verona piaccia al pubblico del Festival estivo e lo dimostrano gli applausi così fragorosi tributati a quell'Egitto dorato, splendido e immaginifico riproposto sul grande palcoscenico, cui però questa messa in scena si accosta con quella sete di grandiosità e quella attenzione filologica caratteristiche di un kolossal anni Cinquanta.
Al centro troneggia una piramide rotante, costruita da una serie di elementi tubolari dorati e circondata da sfingi e statue, che ha il difetto di lasciare poco spazio al movimento delle enormi masse richieste dalla regia, le quali risultano costantemente costrette in proscenio in uno spazio angusto. Tutto riluce d'oro: i costumi, pensati da Anna Anni, hanno colori sgargianti che richiamano quelli delle pietre preziose, rubino, zaffiro, turchese, sfavillanti e brillanti d'un retrogusto argentato sotto l'effetto delle luci. Essenziali ma fluide le coreografie curate da Renato Zanella.
Nel ruolo del titolo Monica Zanattin ha tratteggiato il suo personaggio con toni di intenso lirismo, la voce è piacevole e omogenea in tutti i registri, viaggia bene all'interno dello spazio areniano, i piani, i pianissimi, le mezze voci sono particolarmente apprezzabili. Anita Rachvelishvili ha dipinto una Amneris di grande vigore: la presenza scenica è notevole, sia nei momenti in cui il personaggio mostra tutta la sua sicumera e la sua crudeltà, sia quando sul finale si ripiega su se stesso in attesa della fine, l'emissione è controllatissima al pari dell'intonazione, il timbro caldo e avvolgente, la voce rotonda e possente.
Meno convincente il Radames di Carlo Ventre che ha denunciato una linea di canto piuttosto priva di sfumature e che, nella sua "Celeste Aida", ha palesato anche qualche incertezza di troppo; la voce è comunque sufficientemente potente. Bel timbro per l'Amonasro di Leonardo López Linares, abbastanza convincente anche dal punto di vista attoriale nonostante la sostanziale staticità registica, che ha definito il suo personaggio puntando maggiormente sul lato paterno piuttosto che su quello di re guerriero.
Molto buoni anche il Ramfis di Carlo Colombara e il Re di Carlo Cigni. Con loro Francesco Pittari (Un messaggero), Stella Zhang (Sacerdotessa) e i primi ballerini Alessia Gelmetti, Teresa Strisciulli, Evghenij Kurtsev, Antonio Russo.
Direzione effervescente e a tratti impetuosa per Andrea Battistoni, mai scontata, attenta alle diverse dinamiche, capace di sottolineare adeguatamente i momenti trionfalistici così come quelli maggiormente intimisti. Abbastanza buona la prova del Coro, nonostante alcuni iniziali piccoli problemi di insieme; degna di nota quella del Corpo di ballo.