Finora era stata rappresentata 683 volte nella storia veronese: la prima delle nuove 16 recite dell’Aida, la vera Regina dell’Arena di Verona, viene riproposta secondo i canoni imponenti dell'edizione 2002 firmata da Franco Zeffirelli, cui oggi contribuiscono i costumi di Anna Anni e le coreografie di Vladimir Vasiliev.
Aida, la Regina
Mettiamo da parte ogni retropensiero sul kitsch, sui gusti stessi, sull'estetica del grandioso: la vera Aida è questa. È un quadro da restare a guardare sia con la sorpresa di chi viene colpito dalla sfavillante maestosità del tutto, sia con l'attenzione e la concentrazione sui mille dettagli, sui particolari dipinti da Zeffirelli e ripresi ed arricchiti oggi.
Come le contrapposizioni fra intimo e cosmico, come l'alternanza fra il dramma interiore dell'Aida di Ritorna vincitor, solitaria nel segreto, contrapposta all'imaginifico sfarzo di un allestimento che fa ricordare il motivo per il quale fu proposta a Giuseppe Verdi, che dopo un rifiuto formale infine accettò, la commissione egiziana, celebrativa ed istituzionale per l'inaugurazione del Canale di Suez.
I volti illuminati delle 14 sfingi, le coreografie sugli spalti e sulla scena (di Vladimir Vasiliev), i costumi di Anna Anni, una tecnica degli allestimenti (di Michele Olcese) degna di un kolossal: forse è quello che ci voleva, per cominciare la nuova stagione del Festival dando un segnale chiaro, dopo il lungo periodo di commissariamento.
La musica, soprattutto
La parte migliore però viene ora: se abbiamo appena detto che tutto è stato come dovrebbe ben essere un'Aida, ebbene se possibile l'elogio più sentito arriva per la musica, con il direttore Jordi Bernàcer che si conferma in un momento di forma “verdiana” eccezionale, e subito dopo la sua ultima Traviata al teatro di San Carlo di Napoli offre a Verona un'altra grande prestazione, dimostrandosi padrone assoluto delle dinamiche, capace di tenere ogni segmento in mano a cominciare dalla direzione dei cantanti (nonostante qualche passaggio attardato di Radames), ed è un aspetto niente affatto scontato.
Anna Pirozzi è la degna Aida che merita questa platea e questo successo. Emissione, modulazione, interpretazione di forza e fragilità: una prova solida, mantenendo l'intonazione perfetta fino all'ultima sequenza nonostante le variazioni degli intervalli, lunghe e molto complicate. Radamès (Yusif Eyvazov) ha grande tecnica e fa pare degnamente di un cast che annovera anche una Violeta Urmana (Amneris) che nonostante l'annunciata indisposizione a metà del guado, porta a termine la sua storia in maniera ancora più convincente. Luca Salsi è un ottimo Amonasro dal cipiglio fiero e intransigente, che esalta ancor di più le gesta e la personalità di Aida, e degna di nota finale è la prestazione del coro della Fondazione Arena diretto da Vito Lombardi.