Lirica
AIDA

Rovigo, teatro Sociale, “Aida…

Rovigo, teatro Sociale, “Aida…
Rovigo, teatro Sociale, “Aida” di Giuseppe Verdi AIDA NELLO SPAZIO “Quando c’è l’Aida il teatro non è pieno, il teatro scoppia di gente”, scrive Guareschi (don Camillo). Ed è stato proprio così al teatro Sociale di Rovigo, pieno all’inverosimile per questa nuova edizione di Aida, prodotta in collaborazione con i teatri di Novara, Rimini, Livorno e Savona. Un’Aida semplice, intimista, lontana dagli allestimenti pomposi e scenograficamente appariscenti a cui siamo normalmente abituati, in cui la spettacolarità visiva prevale sulla qualità canora e musicale. Aida rimane invece un’opera profondamente intima, in cui si vive il dramma di una donna combattuta tra l’amore per la patria lontana e per l’eroe della nazione nemica: entrambi non possono coesistere, una scelta schiaccia l’altra dolorosamente in una cornice di esotismo in voga all’epoca. La tinta orientale comprende la nostalgia della patria lontana, immagine della felicità promessa, investendo anche un elemento insolito in Verdi, quello della sensualità. Il regista Ivan Stefanutti, che ha curato anche le scene e i costumi, ha saputo cogliere molto bene questi aspetti, dando una lettura nuova dell’opera, che ben si armonizza con le classiche aspettative scenografiche. Stefanutti vede l’Aida come la contrapposizione di due forti civiltà che si riassumono nella enorme differenza tra due sovrani: il Faraone e Amonasro. Da una parte gli egizi, governati da una casta sacerdotale, ognuno con un ruolo preciso all’interno di una società divisa in ceti, con riti codificati dove la razionalità si è meccanizzata. Dall’altra gli etiopi; il popolo di Amonasro è un popolo guerriero, legato alla terra e alla natura, abituati a combattere per conquistare, affidandosi al proprio istinto quasi animale che non ammette debolezze per amore: anche prigionieri non si arrendono. Per Stefanutti oggi il mondo esotico ha cambiato sede, non è più in oriente, nelle Indie o in Egitto, ma si trova nello spazio, dove le civiltà possono avere connotazioni paragonabili a quelle della terra ma con la possibilità di essere estremizzate, chiarendone gli aspetti senza dover incappare in limiti posti dalla precisazione storica. È quello a cui ci ha abituato il cinema: infatti il registra si ispira alle corti di Dune, Guerre stellari e del Pianeta delle scimmie senza far mancare gli aspetti tipicamente egizi che l’opera e il pubblico vuole (molto suggestiva e bella la scena del primo atto nel Tempio di Vulcano a Menfi con la statua del dio e le sacerdotesse con ali scintillanti). Affascinanti le scenografie, con un cielo tipicamente lunare ma di una calda luminosità in una Menfi ed in una Tebe quasi interplanetaria ma che ha tutto della civiltà dei faraoni. Ben caratterizzati i personaggi, il coro immobile, granitico, quasi un geroglifico; i ballerini e le comparse dai fisici statuari a corona della decadente e depravata società egizia, in cui Amneris (la brava Anna Maria Chiuri), sadica principessa che utilizza schiavi bellissimi come cani o come sgabelli, desidera ardentemente un eroe che non la ama. Oppure il perfido sacerdote Ramfis (il basso Riccardo Zanellato, voce adatta al ruolo), vero epigone di Dark Fener, anima nera e personaggio negativo che con la sua crudele influenza determina la triste fine del traditore Radames (Rubens Pellizzari, non sempre all’altezza della parte). Il personaggio di Amonasro, il re guerriero, l’etiope prigioniero, realizzava visivamente l’astio covato, l’odio per il popolo vincitore, nella riuscita interpretazione di Giancarlo Pasquetto. In contrapposizione l’altro re, il Faraone, il vincitore, distante, distaccato nella sua divinità ieratica era il bravo Paolo Battaglia. Infine lei, la protagonista, la tormentata Aida, la principessa schiava dei faraoni, per la quale l’amore della patria supera quasi la passione per l’eroe dell’Egitto: sensuale, fiera e decisa grazie a Maria Carola. Belli e appropriati, senza stravaganze e con una coreografia sobria i balletti ideati da Claudio Ronda e interpretati dalla Compagnia di danza Fabula Saltica. Bravo il coro lirico “Galli” di Rimini, diretto da Matteo Salvemini, in un’opera in cui il loro ruolo è determinante. Senza incertezze il direttore Giovanni Di Stefano alla guida dell’Orchestra Filarmonica Veneta “Malipiero”. Una bella rappresentazione apprezzata da un pubblico presente, attento e plaudente. Vista a Rovigo, teatro Sociale, l'8 febbraio 2008 MIRKO BERTOLINI
Visto il
al Goldoni di Livorno (LI)