Musica
ALEJO PéREZ / MISCHA MAISKY

La stagione concertistica …


	La stagione concertistica …

La stagione concertistica del Teatro San Carlo di Napoli propone un interessante concerto che riporta l’interesse su pagine di grandi autori del novecento storico quali Šostakovič, Stravinskij ed il nostro Respighi. A far da protagonista della serata è stato il violoncello del virtuoso Mischa Maisky, vera icona della musica classica ed artista di fama mondiale. Ad affiancare Maisky era sul podio Alejo Perez, giovane direttore d’orchestra che ha già dimostrato le sue ottime capacità direttoriali sviluppando un repertorio sempre accattivante e di non facile esecuzione.

Il concerto, diviso in due tempi, ha avuto inizio con il Secondo concerto per violoncello ed orchestra di Dmitrij Sostakovic, pagina di grande difficoltà espressiva costruita su di un tipo di scrittura cameristica pur prevedendo come organico i mezzi dell’orchestra sinfonica. Maisky affronta la partitura con assoluta sicurezza e padronanza dello strumento e riesce a donare al pubblico attimi di puro pathos melodico e slanci di veemenza ritmica travolgenti. La compagine orchestrale del San Carlo  dà buona prova delle proprie capacità e del suono che cura da alcuni anni a questa parte, ma proprio il direttore Perez non riesce a dare una sicura chiave di lettura del pezzo, il quale resta nei tre tempi in cui è diviso (largo, allegretto, allegretto) purtroppo squadrato, non definito in una fluidità formale convincente e quasi “coagulato” giocoforza attorno ad alcuni episodi d’effetto (ad esempio nella celebre "aria delle ciambelle", un motivo popolare molto noto e caro al compositore) . Maisky riceve molti applausi dal pubblico napoletano ed un caloroso invito ad un bis a cui si concede dopo essere uscito ripetutamente dalle quinte, lasciandosi andare ad un “a solo”  che riceve l’ennesimo applauso dal pubblico e dagli stessi orchestrali.

Il secondo tempo del concerto, diviso a sua volta in due momenti differenti, ha reso omaggio ad un compositore italiano non sempre giudicato per la sua effettiva rilevanza artistica: Ottorino Respighi. Il suo successo legato soprattutto ai lavori sinfonici celebranti la grandezza del passato della civiltà romana, lo ha legato alla storia del fascismo e del suo potere politico, mostrandocelo quasi esclusivamente come compositore del regime adagiatosi sui suoi allori e lontano da qualsivoglia ricerca estetica. Per quanto tali affermazioni siano nel giusto, pure va reso merito al suo sincero interesse per la musica antica, ed il tentativo di rievocare la modalità gregoriana e la severità delle forme dei grandi polifonisti del cinquecentofuse in un linguaggio a lui contemporaneo, produsse pagine di indubbio fascino. I brani proposti dall’ orchestra del San Carlo costituiscono la Terza suite di arie e danze per liuto, quattro pezzi per orchestra d’archi molto ben strumentati nella loro semplicità e piacevolezza melodica e ben diretti da Perez che fa sfoggio d’un gesto più sicuro e misurato a cui l’orchestra risponde prontamente.

La Sinfonia dei Salmi di Igor Stravinskij ha chiuso la serata: opera di notevole interesse, a metà fra lavoro sinfonico e scrittura corale neoclassica, essa risulta un ibrido di grande efficacia estetica con cui il linguaggio del grande russo tese, seppure in modo inconsueto, alle peculiarità armoniche e melodiche della seconda scuola di Vienna. Perez dirige con passione la sinfonia, cercando di sottolineare tutti i colori e le sfumature delle timbriche corali. L’ originale organico voluto dal’autore,  che elimina i violini e le viole e pone particolare attenzione alla sezione degli ottoni introducendo 2 pianoforti quale strumento melodico-percussivo, arricchisce in modo enfatico i testi in latino, quasi si volesse cercare un suono meno elegiaco e più solenne. Eppure il senso di qualcosa di unico e terribile promana da questi accordi, l’impossibilità di rendere nella modernità la dolcezza del canto rivolto all’altissimo desta sconcerto in ogni animo sensibile e la chiusa in maggiore della terza sezione della sinfonia mentre il coro intona “Alleluia, laudate Dominum” sembra lasciare un vuoto incolmabile piuttosto che il segno d’una parola consolatrice e di rinnovata fede.

Infine, lascia stupiti lo stentato applauso finale del pubblico pur numeroso nel teatro, quasi non avesse colto la cadenza conclusiva dell’opera e l'impeccabile precisione con cui è stata interpretata, uno spiacevole equivoco a cui l’orchestra stessa ha rimediato rinnovando con energia gli applausi, come un invito a chi ascoltava oltre il palcoscenico a salutare il giovane direttore e l’arte cui tutti loro avevano ridato vita con tanta professionalità e passione.

Visto il 06-06-2015
al San Carlo di Napoli (NA)