Prosa
ALEXIS, UNA TRAGEDIA GRECA

"Antigone forever"

"Antigone forever"

Rappresentata per la prima volta ad Atene nel 442 a.C., il mito di Antigone rivive nella trasposizione per la scena immaginata da Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, fondatori dei “Motus”,  e  diventa “Alexis” , tragedia che, volta ad analizzare la controversa natura delle rivolte divampate nelle metropoli europee negli ultimi dieci anni, racconta l’omicidio del quindicenne Alexandros-Andreas Grigoropoulos, Alexis appunto, ucciso dall'agente Epaminondas Korkoneas, in un quartiere centrale di Atene, durante gli scontri seguiti alla dichiarazione di bancarotta dello stato ellenico nel 2008.
La vicenda richiama alla memoria, immediatamente, quella analoga relativa all’assassinio di Carlo Giuliani, pacifista e no-global, ucciso dall’agente Mario Placanica, durante gli scontri avvenuti in concomitanza del G8 tenutosi a Genova tra il 19 e il 21 luglio del 2001, omicidio su cui ha sempre aleggiato il sospetto, fondatissimo ed avallato dalla Corte Europea, di una insopportabile collusione omertosa delle nostre procure.
Costruito a partire dalla libertà espressiva di un work in progress perpetuo, “motus perpetuus” carico di idee e suggestioni, lo spettacolo del gruppo riminese dà voce allo stupore e alla rabbia di Alexis, Polinice postmoderno con la maglietta dei Sex Pistols, che si aggira in uno spazio scenico ibrido e composito, eroe solitario e sbigottito di un’architettura drammaturgica  polifonica e stratificata, fatta di dialoghi, interviste, riflessioni solitarie, tentativi di traduzione dal greco e dall'inglese, frammenti audio, descrizioni di paesaggi e testimonianze raccolte ad Atene nei giorni degli scontri.
I Motus ci propongono, dunque, una forma di  teatro che, grazie alla convergenza tra narrazione ed impegno militante, si fa arma di un “terrorismo poetico” che riflette sull'accadere e trasforma in gesto ed  azione l’irriducibile senso d'impotenza e d’indignazione della collettività; così, chiamato a misurarsi con le ingiustizie di un governo protervo, di un regime liberticida, di un mondo che cade a pezzi senza possibilità di riscatto, lo spettatore, trascinato nel climax rovente della messinscena, diventa testimone e protagonista di una pièce che riconfigura, con la consapevolezza anarchica di una precisa e rigorosa ricerca artistica, ruoli e dinamiche di partecipazione e coinvolgimento, proponendosi quale spazio della riflessione e della discussione sul senso stesso della tragedia in una società che ha smarrito il valore, sia concreto che segnico, di parole come etica, libertà e rifiuto anarchico.
Quattro giovani performer, tra cui emerge una superlativa Silvia Calderoni, virago straordinaria, erinni potente e carismatica, accompagnano il pubblico in un percorso estetico e conoscitivo che si propone di rivendicare con forza e determinazione il ruolo dei giovani nella società attuale, consegnando alle nuove generazioni la responsabilità di un domani migliore, a dispetto di una società intorpidita – la nostra - che, sclerotizzata ed assuefatta da una senescenza irrimediabile, fa gridare al pubblico in sala: Voi siete i morti perché noi veniamo dal futuro.

Visto il 25-05-2011
al India di Roma (RM)