Lirica
ALIDORO

Reggio Emilia, teatro Municip…

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Reggio Emilia, teatro Municipale Romolo Valli, “Alidoro” di Leonardo Leo RISCOPRIRE ALIDORO Reggio Emilia ha inaugurato la propria stagione lirica 2008 con un’opera quasi inedita in prima rappresentazione moderna, “Alidoro” di Leonardo Leo (1740). Titolo insolito, realizzato in collaborazione con la Cappella della Pietà de’ Turchini di Napoli, erede di una tradizione musicale settecentesca strabiliante. Alidoro rientra in quell’immenso patrimonio musicale che l’Italia possiede e che giace sepolto nelle biblioteche e nei conservatori e che aspetta solo di essere riscoperto e riproposto al pubblico italiano: nel nostro panorama operistico, unico al mondo, non sono esistiti solo Rossini, Verdi e Puccini. Leonardo Leo (1694 – 1744), campano, fu maestro della Real Cappella di Napoli succedendo a Vinci e maestro al Conservatorio della Pietà dei Turchini. Scrisse un buon numero di opere e di musica sacra. Gran parte del suo lavoro è ignoto al pubblico di oggi, in parte è andato perduto ed in gran parte è conservato in varie biblioteche tra Napoli, Roma e Londra, in attesa di essere rivalutato. Alidoro, frutto della collaborazione con il librettista Gennaro Antonio Federico (autore anche del libretto della più nota Serva padrona, musicato sia da Pergolesi che da Paisiello), appartiene al genere della commedja pe mmusica, sviluppatosi a Napoli nel Settecento, che univa canto e dialoghi in italiano e napoletano, inserendo nel contesto situazioni di comicità tipicamente partenopea, con espressioni proverbiali, allusioni erotiche, improperi, canzonature, difficilmente percepibili al giorno d’oggi. La vicenda dell’Alidoro, scritto per il Teatro de’Fiorentini di Napoli, ruota intorno a un motivo molto diffuso nella letteratura e nel teatro musicale, il travestimento per amore. Il protagonista Luigi si fa servitore chiamandosi Ascanio pur di essere accanto all’amata Faustina. L’accordo matrimoniale che il vecchio Giangrazio ha predisposto tra il suo smidollato rampollo don Marcello e Faustina (sua nipote), viene mandato a monte dai reali rapporti di parentela che si scoprono solo in chiusura: l’agnizione finale, con cui Ascanio si rivela nella sua vera identità di figlio scomparso di Giangrazio e fratello di Marcello – Alidoro è appunto il suo nome – rende possibile il coronamento della sua passione per Faustina, altrimenti irrealizzabile per la differenza di estrazione sociale. Nell’opera poi compaiono altri personaggi: la taverniera Zeza, innamorata corrisposta di Meo e incorruttibile nella sua fedeltà nonostante le insidie di don Marcello e Giangrazio, rappresenta, insieme al suo innamorato, il popolo nella sua vena popolare e comica, grazie anche al dialetto da loro usato. Giangrazio, altro personaggio di sfumatura comica, è il borghese arricchito che vuole elevarsi socialmente con il matrimonio del figlio, ma non riesce ad emergere dal volgo: il suo dialetto e la sua passione popolana per Zeza ne sono un esempio. Alidoro propone una ricchezza musicale, dal linguaggio semipopolare al linguaggio da opera seria, dall’aria buffa all’aria seria, che non è possibile rinunciare a una conoscenza ravvicinata di genere come quello della commeja pe mmusica. L’azione è pressoché nulla, non accade nulla se non un sottile e bellissimo gioco di relazioni tra i protagonisti: contano le differenze sociali, dove però i borghesi sono attratti dai servi e i servi dai loro pari. Il luogo dove avviene questo non ha alcuna importanza ed è l’idea che ha voluto realizzare il regista Arturo Cirillo, nome di punta del nuovo teatro di prosa; immagina una calda astrazione, dove l’irreale funzione del canto o del recitativo trova la sua naturalità. Scene – realizzate da Massimo Bellando Randone – ridotte al minimo, ma intonate e raffinate, che vengono riempite dal caldo colore dello sfondo e dalla bellezza dei costumi, realizzati da Gianluca Falaschi. Tradizione e novità si iscrivono perciò in una partitura che non è povera di arie di notevole interesse. Il maestro Antonio Florio, alla direzione della Cappella della Pietà de’ Turchini (un gruppo che da vent’anni ricerca e diffonde il patrimonio lirico del settecento napoletano) entra nell’opera con profonda introspezione, guida un’orchestra tecnicamente molto ferrata capace di sottolineare anche piccoli incisi, pennellando con estrema delicatezza. La musica diretta da Florio respira molto e va incontro al pubblico in modo incisivo senza forzature. L'azione registica di Cirillo fa muovere i protagonisti all’interno di una scena spoglia che cambia colore in un gioco di luci calde e molto “partenopee”; non spinge alla risata, non crea la macchietta: preferisce porgere con delicatezza, insinuare piuttosto che dire all’interno di una trama leggera, giocata sui sentimenti. Un’ impresa che è risultata molto armonica, in cui alcune voci hanno dato veramente un’interpretazione eccellente, a partire dal soprano Maria Grazia Schiavo in Faustina, bella voce e personalità decisa ed elegante, molto apprezzata anche dal pubblico; brava Maria Ercolano nella parte en travesti di Luigi/Alidoro; così pure Valentina Varriale nel ruolo dell’ostessa Zeza, con una voce ricca di colore. Il tenore Giuseppe De Vittorio, in don Marcello, non ha convinto molto, mentre ha saputo rendere il personaggio teatralmente convincente e particolarmente brioso nella sua naturale verve napoletana; così anche Giangrazio interpretato da Filippo Morace. Bravi, infine, Gianpiero Ruggeri (Meo) e Francesca Russo Ermolli (Elisa). Un’esecuzione di alto livello, peccato che il pubblico reggiano abbia perso un’occasione: un teatro scandalosamente semivuoto, mai visto, a memoria d’uomo, alla prima del debutto della stagione; pubblico annoiato e disinteressato, assenza di autorità cittadine. Un grande merito invece all’Amministrazione della Fondazione dei Teatri di Reggio per la scelta di un'ottima produzione: Alidoro ha permesso, ai pochi che hanno assistito attentamente e apprezzato, di avvicinarsi ad un genere lirico raramente rappresentato ma non per questo non di alto livello musicale e vocale, un mondo tutto da riscoprire. Visto a Reggio Emilia, teatro Municipale Romolo Valli, il 10 febbraio 2008 Spettacolo a Napoli, teatro Mercadante, il 16 febbraio 2008 MIRKO BERTOLINI
Visto il
al Municipale Romolo Valli di Reggio Emilia (RE)